Partecipazione del Sindaco alle commissioni consiliari.

Territorio e autonomie locali
12 Dicembre 2003
Categoria 
05.02.03 Commissioni e gruppi consiliari
Sintesi/Massima 

Partecipazione del Sindaco alle commissioni consiliari.

Testo 

Si fa riferimento ad un quesito con il quale è stato richiesto l'avviso della scrivente in merito al contrasto emerso in un Comune tra forze politiche di maggioranza e forze politiche di minoranza relativamente alla emendabilità del documento programmatico di cui all'articolo 46, comma 3 del T.U.E.L. n.267/2000, in occasione della sua presentazione al consiglio, nonché in ordine alla partecipazione del sindaco alle commissioni consiliari.
Al riguardo, si osserva quanto segue.
Dall'esame delle previsioni statutarie evidenziate nel quesito (artt. 15 e 16) parrebbe di potersi desumere che il sistema delineato da queste ultime è informato al regime introdotto dalla legge sull'elezione diretta del sindaco n. 81/1993 il cui articolo 16 prevedeva espressamente la necessità che il consiglio dovesse approvare 'in apposito documento gli indirizzi generali di governo', e che ciò dovesse avere luogo 'nella prima seduta successiva alla elezione'.
La cennata disposizione normativa ebbe poi ad evolversi con la legge n.265/1999 il cui art.11, comma 10, riformava la sua formulazione testuale sopprimendo la necessità di 'approvazione', da parte del consiglio, delle 'linee programmatiche' di governo del sindaco nonché l'assolvimento di tale adempimento nella seduta di insediamento, mentre si demandava a statuto la disciplina dei 'modi della partecipazione del consiglio alla definizione, all'adeguamento e alla verifica periodica dell'attuazione delle linee programmatiche da parte del sindaco...'.
Successivamente, il T.U.E.L. n.267/2000 recepiva sostanzialmente i principi affermati dalla legge n.265/1999 limitandosi a collocare, sotto l'aspetto sistematico, nell'art.42 (rubricato 'attribuzioni dei consigli') al comma 3, la previsione inerente al ruolo partecipativo del consiglio alla definizione del cd. programma di mandato, mentre nell'art.46 (regolante l'elezione del sindaco e della giunta), al comma 3 si rinviene la previsione concernente la presentazione al consiglio, da parte del sindaco, delle linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato 'entro il termine fissato dallo statuto'.
Le modifiche introdotte dalla legge n.265/1999 si collocano nell'ambito di una valorizzazione, in generale, del ruolo del consiglio cui, fra l'altro, si riteneva di attribuire un ruolo maggiormente incisivo nella definizione del cd. programma di mandato, nel suo adeguamento e nella verifica dell'attuazione, pur se svincolandolo dalla necessità di pronunziarsi attraverso un voto.
Peraltro le 'linee programmatiche' di cui ora fa menzione il legislatore, in luogo dei preesistenti 'indirizzi generali di governo' hanno natura diversa da quest'ultimi in quanto, inerendo 'alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato' hanno un contenuto assai più dettagliato.
Il dato maggiormente interessante e, ad ogni modo, l'ampia autonomia organizzatoria demandata all'ente locale che, attraverso lo statuto, può delineare i margini entro i quali il consiglio contribuisce alla definizione (oltre che all'adeguamento e alla verifica periodica) delle linee programmatiche del sindaco.
Infatti la disciplina statutaria può, in astratto, delineare una vasta gamma di opzioni, ricca di ipotesi intermedie, che vanno dal riconoscimento al consiglio di una potestà di diretta incidenza sul programma presentato dal sindaco, (intesa come capacità di deliberarne la modificazione dei contenuti senza l'intermediazione del sindaco), a una mera facoltà di formulare osservazioni e raccomandazioni che possono essere recepite o meno dal capo dell'amministrazione, con eventuali conseguenti modifiche delle linee programmatiche originariamente presentate.
La scelta preferibile, in quanto maggiormente aderente al sistema, parrebbe essere quella volta a riconoscere al sindaco una certa autonomia nella definizione del programma, dal momento che la norma non configura la presentazione al consiglio del programma del sindaco alla stregua di una mera proposta.
Piuttosto, la formula usata con riguardo al ruolo affidato al consiglio ('partecipa alla definizione') farebbe intendere un concorso di potestà decisionali, fondato su una tendenziale pariteticità, che difficilmente potrebbe riconoscersi in una scelta statutaria che prefigurasse una illimitata facoltà del consiglio di modificare le linee programmatiche presentate dal sindaco. Dunque, un concorso del consiglio, certamente non meramente consultivo, ma neanche immediatamente decisorio, necessariamente configurato in termini di compatibilità con l'autonomia del ruolo istituzionale dei due organi protagonisti della fase definitoria del programma e con l'esigenza di non creare squilibri nei loro rapporti.
Ciò posto in punto di diritto, si rileva che nel caso di specie la disciplina statutaria (artt. 15, comma 5, e 16, comma 1), così come formulata, non scioglie il nodo circa l'emendabilità o meno delle linee programmatiche del sindaco, non provvedendo a dettare esplicite prescrizioni sul punto.
In carenza della norma statutaria, deve reputarsi corretta la scelta operata nel senso di attribuire, in via pregiudiziale, al consiglio (in quanto organo legittimato all'adozione dello statuto), la competenza a pronunciarsi sulla emendabilità o meno delle linee programmatiche del sindaco.
Per quanto concerne l'ulteriore quesito prospettato, volto a conoscere se il sindaco possa legittimamente essere un componente delle commissioni consiliari, si ritiene che il dato testuale dell'articolo 21, comma 9 dello statuto comunale precluda tale evenienza che pure, astrattamente, sarebbe stata ipotizzabile, considerato che il sindaco è un componente del consiglio a tutti gli effetti (v. sentenza Consiglio di Stato, Sez. V, 23 aprile 1998, n.476).
Ed invero, l'art.38 comma 6 del T.U.E.L. n.267/2000 configura l'istituzione delle surriferite commissioni consiliari come un contenuto facoltativo dello statuto comunale, demandando a regolamento la determinazione dei poteri, l'organizzazione e le forme di pubblicità delle commissioni in parola.
Due sole condizioni sono poste in modo ineludibile dal legislatore statale: le commissioni devono essere composte di soli consiglieri (..il consiglio si avvale di commissioni costituite nel proprio seno...) e devono rispecchiare in modo proporzionale la composizione del consiglio.