- Quesito circa il rilascio di copia di documenti ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Si fa riferimento ad una nota con la quale è stato chiesto il parere della scrivente in tema di accesso e rilascio di copia di atti di un Comune inoltrata dal legale rappresentante di un cittadino, in relazione ad una vertenza espropriativa.
In particolare, non essendo stata motivata la richiesta ai sensi dell'art. 25, secondo comma, della legge 7 agosto 1990, n.241, si chiede di conoscere se gli atti dei quali viene richiesta copia (Delibera di approvazione del bilancio di previsione anno 2002; Delibera di approvazione del conto consuntivo anno 2002; Verifica di cassa trimestrale e annuale relative all'anno 2002) debbano essere esibiti e rilasciati o se si possa opporre un veto, almeno per quanto concerne la verifica di cassa trimestrale ed annuale per l'anno 2002.
Al riguardo, sembra opportuno - preliminarmente - fare riferimento alla fonte normativa del diritto di accesso da parte di soggetti estranei all'amministrazione locale il cui fondamento si rinviene nell'art. 22 della legge 241/90 e nel successivo regolamento 352/92, che ne hanno disciplinato le modalità di esercizio.
Successivamente, l'art. 10, comma 1, del T.U.E.L. n. 267/2000 che recita 'Tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l'esibizione, conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese' sembrava avere esteso in modo generalizzato il diritto di accesso agli atti amministrativi.
I dubbi e le incertezze sull'applicabilità della disciplina sono stati sciolti a seguito dell'interpretazione data – con l'art. 4, comma 2, della legge 265/99 – all'art. 23 della stessa legge 241/90 che pertanto assume il seguente contenuto: 'Il diritto di accesso di cui all'art. 22 si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori dei servizi. Il diritto di accesso nei confronti dell'Autorità di garanzia e di vigilanza si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, secondo quanto previsto dall'art.24'
E' importante conseguentemente definire il significato da attribuire all'espressione 'situazioni giuridicamente rilevanti' del citato art.22 in quanto, in materia, l'interpretazione della dottrina e l'orientamento giurisprudenziale non sono concordi.
In particolare il problema che si è posto è se tale espressione facesse riferimento soltanto alle situazioni cui l'ordinamento riconnette una tutela giurisdizionale o se invece si estendesse ad un ambito di operatività più vasto fino quindi a ricomprendere qualsiasi posizione giuridica presa in considerazione dall'ordinamento giuridico.
Il Consiglio di Stato ha affermato al riguardo che '.l'accesso agli atti della Pubblica Amministrazione è consentito soltanto a coloro ai quali gli atti stessi, direttamente o indirettamente si rivolgono, e che se ne possano eventualmente avvalere per la tutela di una posizione soggettiva, la quale anche se non deve assumere necessariamente la consistenza del diritto soggettivo o dell'interesse legittimo, deve essere però giuridicamente tutelata, non potendo identificarsi con il generico ed indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell'attività amministrativa' ( Sez.VI n.1122 del 2.3.2000 e Sez.VI n.1414 del 17.3.2000 ). Ed ha sostenuto ancora che ' il diritto di accesso ai documenti amministrativi non si atteggia come una sorta di azione popolare diretta a consentire una forma di controllo generalizzato sull'amministrazione, giacchè da un lato l'interesse che legittima ciascun soggetto all'istanza, da accertare caso per caso, deve essere personale e concreto e ricollegabile al soggetto stesso da uno specifico nesso, e dall'altro la documentazione richiesta deve essere direttamente riferibile a tale interesse, oltre che individuata o ben individuabile '.
Alla luce della richiamata normativa e dei riferimenti giurisprudenziali esposti emerge chiaramente che spetta al richiedente l'onere di comprovare l'interesse connesso all'oggetto della richiesta. Ciò soprattutto per determinare la sussistenza di un collegamento tra gli atti per i quali chiede l'accesso e la finalità dichiarata.
Il Consiglio di Stato si è più volte pronunciato nel senso della necessità di esposizione dei motivi della richiesta di accesso al fine di accertare la concretezza dell'interesse all'esibizione degli atti amministrativi.
Sostiene l'Alto Consesso che l'accertamento dell'interesse all'esibizione degli atti amministrativi va effettuato con riferimento alle finalità che egli dichiara di perseguire (Consiglio di Stato, Sez. V, 12 ottobre 2002, n.5516) e che pertanto, sotto il profilo logico, deve pur sempre sussistere un legame tra finalità dichiarata e documento richiesto anche se – deve essere precisato - non si può operare alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda o della censura che sia stata proposta o che si intenda proporre, la cui valutazione spetta – ovviamente - solo al giudice chiamato a decidere (Consiglio di Stato, A. plen., 28 aprile 1999, n. 6).
Diversamente opinando, infatti, una intenzione annunciata di proporre azioni giudiziarie, giustificherebbe la richiesta di qualsivoglia documento (Consiglio di Stato, sez. IV, 8 luglio 2003, sentenze nn. 4049 e 4051).
L'orientamento consolidato del Consiglio di Stato è pertanto che ' il titolare deve esternare non solo le ragioni per cui intende accedere ma, soprattutto, la coerenza di tali ragioni con gli scopi alla cui realizzazione il diritto di accesso è preordinato' (Consiglio di Stato, sez.V, 13 dicembre 1999, n.2109).
In sostanza, mentre il giudizio circa la concreta pertinenza della documentazione alla causa non può che spettare all'autorità giudiziaria adita, spetta all'amministrazione valutare, in ordine al diritto d'accesso, l'astratta inerenza dell'istanza a quel giudizio.
Nel caso esaminato, la mancata esposizione della motivazione pone l'amministrazione comunale nell'impossibilità di effettuare una valutazione circa tale collegamento, indispensabile, come si è visto, per l'esercizio del diritto di accesso; e si ritiene di conseguenza essenziale, ad avviso della scrivente, chiedere all'istante l'integrazione della domanda specificando la motivazione dell'accesso per quei determinati atti.
Del resto, gli atti dei quali è stata richiesta copia, sebbene non appaiano 'ictu oculi' ricollegabili alla finalità di sostenere la vertenza espropriativa in corso, non sembrano tuttavia, con riferimento alla loro intrinseca natura, sottratti all'accesso in quanto non rientranti né tra le limitazioni previste dall'art. 24 della legge 241/90 (documenti protetti dal segreto di Stato o da divieto di divulgazione altrimenti previsto dall'ordinamento) né nella previsione del già citato art. 10 del T.U.E.L. n.267/90.
In definitiva l'amministrazione potrebbe rifiutare l'accesso, con obbligo di motivazione, soltanto nei casi previsti dall'art.8 del citato d.P.R. 27 giugno 1992, n.352, che al comma 5, lettera d) dispone comunque che la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro stessi interessi giuridici deve comunque essere garantita ai richiedenti.
La stessa normativa prevede, inoltre, all'art. 1 la necessità per la stessa amministrazione locale di dotarsi, mediante emanazione di un apposito regolamento, delle misure organizzative occorrenti per l'attuazione del diritto di accesso.
Pertanto, in mancanza di regolamento ed a fronte di un interesse concreto e qualificato da parte del richiedente – valutabile in questo caso a seguito dell'integrazione della motivazione di cui si è detto sopra - l'ente non potrà rifiutare l'accesso ai documenti richiesti.
A conferma ulteriore di tale indirizzo si evidenzia che il Consiglio di Stato ha ritenuto che tutti gli atti interni possono formare oggetto di una domanda di accesso, indipendentemente dalla circostanza che tali atti siano utilizzati o meno dall'amministrazione al fine della sua attività a rilevanza esterna (Consiglio di Stato, sez. V 18 gennaio 1999, n. 22).
In sostanza, in difetto di una espressa previsione normativa che impedisca l'accesso per i motivi di cui all'art. 24 della legge 241/90, tutti gli atti formati o utilizzati dall'amministrazione, relativamente ad attività di natura amministrativa devono essere accessibili al privato a condizione però che lo stesso possa dimostrare la titolarità di un interesse giuridicamente rilevante alla loro conoscenza.