Dovere di astensione
– Mancata astensione
Un Ufficio Territoriale del Governo ha chiesto il parere della scrivente Direzione Centrale in merito all'esposto dei consiglieri di minoranza di un Comune per mancata astensione di alcuni consiglieri nella votazione di una delibera del Consiglio Comunale.
In merito, si fa presente quanto segue.
L'art. 78, comma 2, del T.U.O.E.L. 267/2000, nel disciplinare l'istituto dell'astensione obbligatoria degli amministratori degli enti locali, che ricorre tutte le volte in cui esiste un conflitto d'interessi tra il Comune e la Provincia ed un amministratore, o suoi parenti o affini fino al quarto grado, precisa che l'obbligo dell'amministratore di non prendere parte alla discussione ed alla votazione delle delibere riguardanti interessi propri non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta tra il contenuto della stessa deliberazione e specifici interessi dell'amministratore.
Pertanto, in base a tale ultima disposizione, introdotta dall'art. 19 della legge 265/99, perché sussista l'obbligo di astensione occorre che si verifichi un conflitto fra specifici interessi dell'amministratore ed il contenuto del provvedimento. La giurisprudenza, che già prima dell'introduzione della norma citata era pervenuta alle medesime conclusioni, ha avuto modo di approfondire e meglio specificare la portata di tale obbligo con particolare riguardo agli strumenti urbanistici, precisando che devono distinguersi le prescrizioni aventi carattere astratto, come ad esempio gli indici di fabbricabilità, dalle prescrizioni che riguardano fondi ben individuati, con diretta delimitazione del diritto dei rispettivi proprietari, prescrizioni che, per la natura non programmatica dell'intervento, implicano la subordinazione dei consiglieri alle regole sugli obblighi di astensione (si veda TAR Calabria, Catanzaro, 6 novembre 1991, n. 706, in I T.A.R., 1992, I, pag. 371; Tar Puglia, Lecce, 2 novembre 1995, n. 516, ivi, 1996, I, pag. 328). Analoghi principi, per la giurisprudenza, devono trovare applicazione anche per gli atti di variante degli strumenti urbanistici.
La delibera che ha apportato modifiche al programma triennale delle opere pubbliche 2002-2004 del Comune, della cui legittimità si discute, sembra rientrare nella categoria da ultimo indicata, in quanto si tratta di atto che, ancorché programmatico, ha tra i propri presupposti le richieste di partecipazione al 'Programma di recupero urbano' di singoli proprietari consiglieri comunali o parenti o affini di consiglieri, e che perciò coinvolge interessi diretti di amministratori comunali; pertanto, a parere di questo Ufficio, deve trovare applicazione la preclusione di cui all'art. 78, comma 2, T.U.O.E.L. .