- Corretta interpretazione art. 4, commi 1 e 2, del C.C.N.L. del 31.3.1999 (previsione procedure selettive interne) alla luce dei principi affermati dalla Corte Costituzionale.
Un Ente, nel far conoscere che si appresta ad approvare il regolamento della disciplina delle progressioni verticali dei dipendenti, ha chiesto un parere a questo Ministero in merito alla corretta interpretazione dell'art. 4, commi 1 e 2 del C.C.N.L. del 31.3.1999 – implicante la previsione di procedure selettive interne - alla luce dei principi affermati dalla Corte Costituzionale, ed in particolare, dove si ribadisce che 'l'accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate, è soggetto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso' (sent. 320/97, 1/99, 194/02).
Al riguardo, occorre innanzitutto sottolineare che la giurisprudenza costituzionale, se da un lato è stata costante nel censurare norme che stabiliscano il passaggio a fasce funzionali superiori, in deroga alla regola del concorso pubblico, o che, comunque, non prevedano alcun criterio selettivo, o verifiche attitudinali atte a garantire l'accertamento dell'idoneità dei candidati in relazione ai posti da ricoprire, realizzando, così, una sorta di automatico e generalizzato scivolamento verso l'alto del personale, per altro verso, non ha escluso la compatibilità costituzionale delle progressioni interne dei dipendenti della pubblica amministrazione, purché le stesse siano conformi ai principi costituzionali, identificati dalla stessa Corte Costituzionale.
Tali principi, estrapolati dal contenuto delle sentenze della Corte stessa, sono sostanzialmente identificabili nel divieto di procedere a progressione di soggetti non appartenenti alla qualifica immediatamente inferiore (c.d. principio del divieto del doppio salto) e nel rispetto delle regole generali di buon andamento della pubblica amministrazione, così come enucleate dall'art. 35 del decreto legislativo 30.3.2001, n. 165, che si riferiscono, in sostanza, all'obbligatorietà dello svolgimento di procedure selettive volte all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l'acceso dall'esterno; peraltro, quest'ultima, valutata dalla Corte stessa, non irragionevole, se rapportata alla riserva del 50% dei posti da coprire (sent. 234/94).
In tale contesto, pertanto, una procedura che preveda forme di restrizione per i partecipanti, può considerarsi costituzionalmente legittima solo nell'ipotesi in cui data la particolarità del profilo interessato o l'impossibilità per l'ente di acquisire una professionalità esterna, sia giustificata solo ed esclusivamente a migliore garanzia del buon andamento della stessa P.A., ovvero nell'ipotesi in cui una progressione professionale del personale già in servizio risulti strutturalmente funzionale agli interessi di buon andamento della pubblica amministrazione – perché ad esempio l'interessato ha svolto mansioni superiori -, o perché ciò porta, nell'interesse dell'amministrazione medesima, ad una valorizzazione delle professionalità esistenti.
Ciò posto, vi è da precisare che quanto stabilito dall'art. 4, comma 2 del C.C.N.L. in ordine alla facoltà, consentita agli enti locali non strutturalmente deficitari, di prevedere concorsi interamente riservati al personale dipendente - proprio perché riferita a particolari profili o figure professionali caratterizzati da una professionalità acquisibile esclusivamente all'interno dell'ente - assume la caratteristica di normativa speciale, pertanto non può ritenersi utilizzabile in maniera generalizzata, poiché per la ordinaria e periodica riqualificazione dei dipendenti va applicata la disciplina delle progressioni verticali di cui all'art. 4, comma 1, del predetto contratto.
Peraltro la disciplina contrattuale di cui all'art. 4 in questione, sembra formalmente rispondere ai requisiti richiesti dalla Corte Costituzionale nel disciplinare le progressioni dei dipendenti pubblici.
Infatti, tale norma contrattuale preliminarmente richiama, per tutti gli enti, l'obbligo di rispettare i principi posti in tema di accesso alle pubbliche amministrazioni dall'articolo 35 del d.lgs. 165/2001, per cui diviene principio inderogabile per gli enti medesimi lo svolgimento di procedure selettive, conformi al rispetto dei criteri ivi richiamati (pubblicità della selezione, modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità, adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire, rispetto delle pari opportunità, composizione delle commissioni esclusivamente con esperti che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione e che non ricoprano cariche politiche o sindacali), vòlti all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno.