Rimborsi spese
– Rimborso le spese legali sostenute da un consigliere sottoposto a procedimento penale durante il mandato di sindaco dello stesso comune, conclusosi con la pronuncia di non doversi procedere per intervenuta depenalizzazione del reato contestato.
E' stato richiesto il parere in merito al quesito formulato da un comune, relativamente alla possibilità di rimborsare le spese legali sostenute da un consigliere sottoposto a procedimento penale durante il mandato di sindaco dello stesso comune, conclusosi con la pronuncia di non doversi procedere per intervenuta depenalizzazione del reato contestato.
Al riguardo, l'orientamento di questo Ministero è di ritenere praticabile la rifusione delle spese legali sostenute dagli amministratori, se gli atti od i fatti dedotti in giudizio sono stati posti in essere nell'espletamento del mandato ed a condizione che, riconosciuta l'assenza di dolo o di colpa grave, il procedimento si sia concluso con una sentenza di assoluzione con formula piena, passata in giudicato.
Il rigore che deve sorreggere la valutazione della rimborsabilità di dette spese è stato confermato da ultimo con la sentenza del Consiglio di Stato, sezione V, n. 2242/2000, che ne ha evidenziato la sostanziale eccezionalità, necessariamente circondata da garanzie procedimentali che non hanno valore puramente formale, ma mirano ad accertare la presenza dei necessari presupposti sostanziali della pretesa, la quale, in ultima analisi, postula l'accertamento dell'assenza di responsabilità dell'amministratore in relazione al fatto generatore dell'esborso anticipato nel giudizio penale.
Ha altresì ribadito, con richiamo alla giurisprudenza ordinaria, che, ai fini del rimborso, è necessario accertare che le spese siano state sostenute a causa e non semplicemente in occasione dell'incarico e sempre entro il limite costituito dal positivo e definitivo accertamento della mancanza di responsabilità penale degli amministratori che hanno sostenuto le spese legali.
Ulteriori condizione è l'assenza di un conflitto d'interessi tra l'attività dell'amministrazione e la condotta dell'amministratore, da valutarsi ex post a coclusione del procedimento (cfr: Corte di Cassazione, sez. I, sent. n. 15724 del 13/12/2000 e n. 54 del 03/01/02). In base all'orientamento della magistratura (Corte dei Conti, sezioni riunite,18/06/1986, n. 138,; TAR Lombardia, sez. III, 14/01/1993, n. 14; TAR Piemonte, sez. II, 28/02/1995, n. 138; Consiglio di Stato. Sezione VI, n. 13/01/1994, n. 20) il contrasto di interessi va escluso quando l'amministratore abbia adottato atti d'ufficio nell'esclusivo interesse dell'amministrazione e non può pertanto essere valutato in astratto ed ex ante, cioè con puro e semplice riferimento alle accuse rubricate, ma deve essere preso in considerazione in concreto, a conclusione del processo, tenuto conto dell'esito dell'istruttoria e del conseguente giudizio.
Nella fattispecie, si osserva che, sebbene la formula assolutoria piena si imponga anche in caso di 'abolitio criminis' determinata dalla depenalizzazione del reato e che tale evento fa venire meno, ancor più che la validità e la efficacia della norma penale incriminatrice, la sua stessa esistenza nell'ordinamento, (Cass. VI, sent. 356 del 14/01/2000 - Cass. III, sent. 1554440 del 23/11/90 - Cass. III, sent. 9096 del 6/10/93), risulta carente il requisito dell'assenza di conflitto di interessi, nella ricostruzione giurisprudenziale sopra richiamata, attesa la persistente illiceità del comportamento che, sanzionato prima penalmente, lo è ora in via amministrativa; circostanza che non rende ammissibile, nel caso in esame, la rifusione delle spese legali sostenute.