Consiglio di Stato, sez.V - Sentenza del 17 marzo 2021, n.2273

Territorio e autonomie locali
17 Marzo 2021
Categoria 
15 Controllo sugli Organi15.01 Scioglimento dei Consigli Comunali e Provinciali ex art. 141 d.lgs. 18-08-2000 n. 267
Principi enucleati dalla pronuncia 

Scioglimento del consiglio comunale ai sensi dell'art.141, comma 1, n.4), del d.lgs. 18 agosto 2000, n.267

Estratto/Sintesi: 

Secondo il primo giudice dovrebbe condividersi l'orientamento, emerso nella giurisprudenza di molti tribunali amministrativi, secondo cui rientra nella stessa ratio della previsione che distingue tra sedute di prima e seconda convocazione, attribuendo preferenza alle prime, per le ragioni di maggior rappresentatività, che deve ritenersi insita nel sistema la necessità che, affinché il consiglio possa continuare ad operare senza essere sciolto, esso debba garantire quantomeno in astratto (con la presenza del relativo numero minimo legale) la valida costituzione dell'assemblea in prima convocazione. Non è condivisibile quanto il primo giudice ha sostenuto in ordine alla necessità di dover procedere alla surroga con il quorum costitutivo richiesto per la prima convocazione, perché una simile tesi si scontra con il rilievo che, in base all'art.38, comma 2, del d.lgs. n.267/2000, il quale si riferisce ai consiglieri "assegnati" al comune e non a quelli in carica, deve ritenersi indifferente per la validità delle deliberazioni, che risultino adottate in seconda convocazione, conoscere le ragioni del mancato raggiungimento del numero legale in prima convocazione. La seconda convocazione di un collegio deliberante ha lo scopo di ridurre il quorum strutturale necessario per la validità delle deliberazioni, per evitare, in base ad un principio di efficienza dell'organo collegiale, la paralisi di questo. In relazione a tale finalità, come questo Consiglio di Stato ha chiarito nella sentenza n.604 del 2006, sono irrilevanti le ragioni per le quali non si è potuta tenere l'adunanza in prima convocazione, qualunque ne possa essere il motivo. Ne segue che, se anche per ipotesi non si dovessero ritenere illegittime le due delibere di mancata surroga in assenza di qualsivoglia ragione ostativa, il consiglio comunale avrebbe potuto comunque procedere alla surroga del consigliere dimissionario in seconda convocazione, anche dopo le dimissioni dei cinque consiglieri, essendo irrilevanti le ragioni per cui non si sia potuta tenere l'adunanza in prima convocazione. L'interpretazione seguita invece dal primo giudice, come dimostra in modo eloquente la vicenda qui controversa nella quale vi è stato un illegittimo rifiuto di surroga, del resto non solo è contraria all'art.38, comma 2, del d.lgs. n.267/2000, ma presta il fianco ad interpretazioni formalistiche e, soprattutto, ad azioni opportunistiche in grado, diversamente, di paralizzare la vita dell'ente e condurre allo scioglimento anticipato della consiliatura in contrasto patente con la volontà popolare espressasi nelle elezioni.