Sempre più spesso le associazioni a delinquere di stampo mafioso fanno ricorso a tecniche volte a paralizzare il potere prefettizio di adottare misure cautelari (Cons. Stato - sez.III, 6 maggio 2020, n.2854). Di fronte al "pericolo" dell'imminente informazione antimafia di cui abbiano avuto in quale modo notizia o sentore, reagiscono mutando sede legale, assetti societari, intestazioni di quote e di azioni, cariche sociali, soggetti prestanome, cercando comunque di controllare i soggetti economici che fungono da schermo, anche grazie alla distinta e rinnovata personalità giuridica, nei rapporti con le pubbliche amministrazioni. Proprio la natura del provvedimento, finalizzato ad interdire in via preventiva, immediatamente, qualsiasi rapporto pubblicistico con il soggetto "inquinato" dai legami con la mafia, il contesto in cui nasce, costituito solitamente da complesse indagini di polizia giudiziaria contro le consorterie mafiose o da atti dei processi penali che ne seguono, rende indispensabile un continuo coordinamento tra le sedi della Prefettura perché non vadano disperse le lunghe indagini effettuate da una prefettura, che la consorteria mafiosa cerca abilmente di paralizzare.