TAR Lazio - Roma, Sez.I - Sentenza del 20 dicembre 2019, n.14704

Territorio e autonomie locali
20 Dicembre 2019
Categoria 
15 Controllo sugli Organi15.02 Scioglimento dei Consigli Comunali e Provinciali per infiltrazione della criminalità organizzata

Risorse collegate

Principi enucleati dalla pronuncia 

Articolo 143 TUOEL - Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare.

Estratto/Sintesi: 

Il Collegio, preliminarmente ritiene condivisibile l’eccezione di carenza di legittimazione passiva del Presidente della Repubblica, anche alla luce della recente giurisprudenza di questa Sezione. In essa è infatti precisato che, nel caso di impugnazione di atti emanati nella forma del decreto del Presidente della Repubblica, assunto non nell’esercizio di poteri riconducibili a quelli amministrativi e “politici” non liberi nei fini ma, piuttosto, nell’esercizio di un potere neutrale di garanzia e controllo di rilievo costituzionale su atti di altri organi o autorità, la legittimazione passiva deve essere riconosciuta, non già al Presidente della Repubblica, bensì all’autorità il cui atto è fatto oggetto del “controllo” presidenziale e alla quale spetta la qualifica di autorità emanante. Dato che tale potere di garanzia e di controllo, nel caso di cui all’art.143 TUOEL, ha ad oggetto la delibera del Consiglio dei Ministri di accoglimento della proposta del Ministro dell’interno, è solo quest’ultima ad essere “giustiziabile”, insieme agli atti ad essa presupposti, e quindi la legittimazione passiva, rispetto alla domanda di annullamento dell’una e degli altri, non può che spettare solo alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dell’interno e non altri. Pertanto, il Presidente della Repubblica non è legittimato passivo nel presente giudizio, e deve esserne disposta l’estromissione.
Lo scioglimento dell’organo elettivo si connota quale misura di carattere straordinario per fronteggiare un’emergenza straordinaria, tale misura non ha finalità repressive nei confronti dei singoli, bensì di salvaguardia dell’amministrazione pubblica.
Sono giustificati margini ampi nella potestà di apprezzamento dell’amministrazione nel valutare gli elementi su collegamenti diretti o indiretti, non traducibili in singoli addebiti personali, ma tali da rendere plausibile il condizionamento degli amministratori, pur quando il valore indiziario dei dati non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale o l’adozione di misure di sicurezza nei confronti degli indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso o analoghe, essendo asse portante della valutazione di scioglimento, da un lato, la accertata o notoria diffusione sul territorio della criminalità organizzata e, dall’altro, le precarie condizioni di funzionalità dell’ente in conseguenza del condizionamento criminale.
Le vicende che giustificano lo scioglimento di un consiglio comunale per infiltrazioni mafiose o della criminalità organizzata ai sensi dell’art.143 del d.lgs.n.267/2000 vanno valutate nel loro insieme, perché solo dal loro esame complessivo si può ricavare, da un lato, il quadro e il grado del condizionamento mafioso e dall’altro la ragionevolezza della ricostruzione di quest’ultimo quale presupposto per la misura dello scioglimento del corpo deliberante dell’ente.
Risultano idonee a costituire presupposto per lo scioglimento dell’organo comunale anche situazioni che, di per sé, non rivelino direttamente, né lascino presumere, l’intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata.
Il giudice amministrativo esercita in materia un sindacato estrinseco, secondo le regole proprie del giudizio di legittimità, senza possibilità di apprezzamenti che ne riguardino il merito.
La ratio sottesa al provvedimento di scioglimento del Consiglio comunale è quella di offrire uno strumento di tutela nei confronti del controllo e dell’ingerenza delle organizzazioni criminali sull’azione amministrativa degli enti, in presenza anche di situazioni estranee all’area propria dell’intervento penalistico o preventivo nell’evidente necessità di evitare, con immediatezza, che l’Amministrazione locale rimanga permeabile all’influenza della criminalità organizzata per l’intera durata del suo mandato elettorale.
L’esistenza del procedimento penale rileva anche se in fase embrionale e anche ove riferito a consiglieri o rappresentanti dello schieramento politico di minoranza. E invero, come chiarito dal Consiglio di Stato, il fatto stesso che il consiglio comunale sia espressione, anche in parte minoritaria, dell’appoggio elettorale mafioso dato ad una lista o un’altra è tale da inficiare irrimediabilmente il funzionamento del consiglio comunale per un suo vizio genetico, essendo difficilmente credibile, secondo la logica della probabilità cruciale, che un consiglio comunale i cui componenti siano eletti in parte con l’appoggio della mafia, per una singolare eterogenesi dei fini, possa e voglia adoperarsi realmente e comunque effettivamente, non solo per mero perbenismo legalitario, per il ripristino di una effettiva legalità sul territorio e per la riaffermazione del potere statuale contro l’intimidazione, l’infiltrazione e il sopruso di un ordinamento delinquenziale, come quello mafioso, ad esso avverso per definizione.
Il provvedimento di scioglimento del Consiglio Comunale ex art.143 TUOEL non richiede alcun giudizio di bilanciamento di circostanze favorevoli e non favorevoli, alla stregua di quanto avviene nel procedimento penale, dato che l’azione amministrativa deve essere sempre ispirata ai principi di legalità e di buon andamento ed è, in quanto tale, attività doverosa che in nessun caso può essere invocata come esimente di condotte parallele che a tali principi non sono conformi.
La peculiare natura dell’atto legittima e impone che la valutazione dei fatti rilevanti ai fini dello scioglimento del Consiglio comunale venga compiuta dall’amministrazione “allo stato degli atti” a quel momento disponibili, con la conseguenza che a tale momento va poi riferito il controllo “postumo” esercitato in sede giurisdizionale.
La necessità di una valutazione in cui rileva il mero stato di pericolo del funzionamento dell’ente locale appare pure coerente con la circostanza del non avere la misura dissolutoria finalità repressive nei confronti di singoli, ma di salvaguardia dell’amministrazione pubblica di fronte alla pressione e all’influenza della criminalità organizzata, ciò che giustifica i margini, particolarmente ampi, della potestà di apprezzamento di cui fruisce l’Amministrazione e la possibilità di dare peso a situazioni riconducibili ad una casistica estremamente ampia, il cui rilievo è subordinato alla sola condizione, ampiamente sussistente nel caso in esame, del configurare un’ipotesi plausibile, alla luce del contesto territoriale e in base ai dati dell’esperienza, di possibile condizionamento degli amministratori alla criminalità organizzata.
La giurisprudenza in più occasioni ha affermato che l’art.143, d.lgs. n.267 del 2000 delinea un modello di valutazione prognostica in funzione di un deciso avanzamento del livello istituzionale di prevenzione, con riguardo ad un evento di pericolo per l’ordine pubblico quale desumibile dal complesso degli effetti derivanti dai “collegamenti” o dalle “forme di condizionamento” in termini di compromissione della “libera determinazione degli organi elettivi, del “buon andamento delle amministrazioni” nonché del “regolare funzionamento dei servizi”, ovvero in termini di “grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”.