TAR Lazio – Roma, Sez.I - Sentenza dell'8 marzo 2019, n.3101

Territorio e autonomie locali
8 Marzo 2019

Risorse collegate

Principi enucleati dalla pronuncia 

Articolo 143 TUOEL - Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare.
 

Estratto/Sintesi: 

Lo scioglimento dell’organo elettivo si connota quale misura di carattere “straordinario” per fronteggiare un’emergenza “straordinaria”. Nel relativo procedimento sono giustificati ampi margini nella potestà di apprezzamento dell’amministrazione nel valutare gli elementi su collegamenti diretti o indiretti, non traducibili in singoli addebiti personali, ma tali da rendere plausibile il condizionamento degli amministratori, pur quando il valore indiziario dei dati non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale, essendo asse portante della valutazione di scioglimento, da un lato, la accertata o notoria diffusione sul territorio della criminalità organizzata e, dall’altro, le precarie condizioni di funzionalità dell’ente in conseguenza del condizionamento criminale. Pertanto, in tale ambito di apprezzamento, rispetto alla pur riscontrata commissione di atti illegittimi da parte dell’amministrazione, è necessario un quid pluris, consistente in una condotta, attiva od omissiva, condizionata dalla criminalità anche in quanto subita, riscontrata dall’amministrazione competente con discrezionalità ampia, ma non disancorata da situazioni di fatto suffragate da obbiettive risultanze che rendano attendibili le ipotesi di collusione, così da rendere pregiudizievole per i legittimi interessi della comunità locale il permanere alla sua guida degli organi elettivi. Ciò in quanto l’art.143 TUOEL precisa le caratteristiche di obiettività delle risultanze da identificare, richiedendo che esse siano concrete, e perciò fattuali, univoche, ovvero non di ambivalente interpretazione, rilevanti, in quanto significative di forme di condizionamento.
Lo scrutinio di legittimità rimesso alla presente sede, come da costante giurisprudenza, è esercitabile nei limiti della presenza di elementi che denotino, con sufficiente concludenza, la eventuale deviazione del procedimento dal suo fine di legge. Con l’avvertenza che l’operazione in cui consiste l’apprezzamento giudiziale delle acquisizioni in ordine a collusioni e condizionamenti non può però essere effettuata mediante l’estrapolazione di singoli fatti ed episodi, al fine di contestare l’esistenza di taluni di essi ovvero di sminuire il rilievo di altri in sede di verifica del giudizio conclusivo sull’operato consiliare. Ciò, in quanto, in presenza di un fenomeno di criminalità organizzata diffuso nel territorio interessato dalla misura di cui si discute, gli elementi posti a conferma di collusioni, collegamenti e condizionamenti vanno considerati nel loro insieme, poiché solo dal loro esame complessivo può ricavarsi la ragionevolezza della ricostruzione di una situazione identificabile come presupposto per l’adozione della misura stessa
Se è pur vero cha la stessa giurisprudenza amministrativa ha posto in luce che la misura di cui all’art.143 cit. non ha natura di provvedimento di tipo “sanzionatorio” ma preventivo, con eminente finalità di salvaguardia dell’amministrazione pubblica di fronte alla pressione e all’influenza della criminalità organizzata e la possibilità di dare peso anche a situazioni non traducibili in addebiti personali, ma tali da rendere plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una possibile soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata, è altrettanto innegabile che comunque tale funzione “preventiva” non può limitarsi a legittimare una mera e generica operazione deduttiva e astratta, scollegata dai ricordati elementi concreti, univoci e rilevanti idonei a evidenziare una forma diretta o indiretta di condizionamento da parte della malavita organizzata.
Nell’ambito della complessità dell’iter, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, che caratterizza l’andamento del procedimento ex art.143 del d.lgs. 267/2000, la relazione ministeriale va identificata come il momento centrale di rappresentazione analitica delle anomalie riscontrate nelle fasi antecedenti alla sua adozione, e, indi, quale vero nucleo espressivo della determinazione tecnica sottostante allo scioglimento.
La natura dello scioglimento quale rimedio di “extrema ratio” volto a salvaguardare beni primari dell’intera collettività nazionale, messi in pericolo o compromessi dalla collusione tra amministratori locali e criminalità organizzata o dal condizionamento comunque subito dai primi, non fronteggiabile con altri apparati preventivi o sanzionatori dell’ordinamento, ovvero, in altre parole, lo stesso obiettivo di ripristino delle condizioni di legalità che il legislatore assegna alla misura in presenza delle condizioni eccezionali tratteggiate dall’art.143 TUEL, richiede che l’intervento sia posto in essere solo laddove l’influenza della criminalità organizzata sugli organi elettivi dell’amministrazione locale sia fondatamente e univocamente percepibile, risolvendosi altrimenti l’applicazione della norma in un’inammissibile ingerenza dello Stato nei governi locali. Ne consegue imprescindibilmente che, nell’apprezzamento della eventuale sussistenza delle ridette condizioni eccezionali, nessuna realtà locale debba scontare in linea di principio ovvero pregiudizialmente la mera appartenenza a un più vasto territorio, ritenuto, sotto il profilo giuridico, ma anche sotto quello storico, pervasivamente interessato dalla presenza di fenomeni criminali radicati e organizzati nel territorio. Diversamente opinandosi, un ordinamento democratico e pluralistico, quale quello vigente, non potrebbe tollerare la stessa esistenza del considerato potere di intervento centrale, autoritativo e “ab externo”, sugli organi locali. Può aggiungersi, del resto, che per le stesse ragioni, ancorché antiteticamente, altre realtà locali, sia pur ritenute, sempre storicamente, lontane dagli stessi fenomeni per ragioni geografiche, non possono, per ciò solo, e soprattutto nell’attuale nuova conformazione delle strutture criminali, implementatasi in conformità allo sviluppo delle forme di comunicazione e al più elevato grado di complessità delle sottostanti organizzazioni, essere ritenute indenni dalla possibilità di un loro radicamento. Si deve in sostanza concludere che, in base alle specifiche caratteristiche di ciascuna parte del territorio nazionale, l’accertamento da compiersi ex art.143 del d.lgs. 267/2000, ai fini del suo positivo riscontro di legittimità in via giudiziale, deve necessariamente far trasparire l’esistenza di un modello di collegamento diretto o indiretto tra amministratori e criminalità organizzata di tipo mafioso o similare ovvero di forme di condizionamento dei primi, che possono anche riflettersi, caso per caso, in una diversa conformazione degli elementi che denotano la presenza delle condizioni patologiche che determinano i gravi effetti negativi nella gestione della cosa pubblica richiamati dalla disposizione, ma che non può che essere identico nell’apprezzamento della consistenza degli elementi stessi, che, laddove conduca allo scioglimento dell’organo elettivo locale, deve dar conto in ogni caso della loro concretezza, univocità e rilevanza.
La delicata attività di ricostruzione del presupposto “soggettivo” dello scioglimento del consiglio comunale, pur risultando operata nell’esercizio di ampia discrezionalità, richiede sempre un costante e concreto aggancio ad elementi rilevanti ed univoci che, pur non assurgendo al rango di prova, contribuiscono ad indicare un percorso di ragionevolezza valutativa e di proporzionalità ed adeguatezza della misura adottata. Come osservato in giurisprudenza occorre, cioè, evitare che più elementi “deboli”, raccolti in sede istruttoria nella ricostruzione dell’interprete, si “stampellino” reciprocamente, con il risultato di produrre un quadro dove la suggestione del disegno complessivo oscuri e nasconda il difetto di elementi concreti, ovvero la loro (incerta) rilevanza ed univocità.