TAR Lazio sezione I, n. 10899 del 20/08/2015

Territorio e autonomie locali
20 Agosto 2015
Categoria 
15 Controllo sugli Organi15.02 Scioglimento dei Consigli Comunali e Provinciali per infiltrazione della criminalità organizzata
Principi enucleati dalla pronuncia 

La costante giurisprudenza amministrativa ai fini dello scioglimento ritiene sufficiente che la puntuale indicazione di plurimi ed univoci elementi indicanti la ragionevole presenza di fenomeni in atto di infiltrazione o di condizionamento da parte della criminalità organizzata risulti dal rinvio per relationem ai risultati delle istruttorie svolte in loco, e che la partecipazione al procedimento preordinato allo scioglimento del consiglio comunale non è necessaria alla stregua dell'art. 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000, in relazione al carattere cautelare d’urgenza della misura in esame, considerato il suo carattere di contrasto dell'ordinamento costituzionale alle ipotesi di attentato all'ordine e alla sicurezza pubblica e di tutela delle regole di rappresentanza democratica e del presupposto principio di legalità in ambito locale, che impongono una peculiare rapidità d’intervento a tutela della Comunità locale e degli stessi Amministratori comunali coinvolti da possibili pressioni ambientali.
La circostanza che unitamente all’impugnato decreto presidenziale non sia stata pubblicata la relazione della Commissione d'Indagine non risulta decisiva ai fini della decisione, posto che si tratta di atti classificati come "Riservati" così come molti degli atti, documenti e note informative utilizzati per l'istruttoria finalizzata all'adozione dei provvedimenti di scioglimento degli organi ai sensi dell'art. 39, comma 1, lettera a), della legge 8 giugno 1990, n. 142, e dell'art. 1 del decreto-legge 31 maggio 1991, n. 164, convertito, con modificazioni, nella legge 22 luglio 1991, n. 221, trattandosi di atti compresi tra le categorie di documenti non accessibili per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero ai fini di prevenzione e repressione della criminalità secondo quanto previsto dall'art. 3 del decreto ministeriale 10 maggio 1994, n. 415 ai sensi e per gli effetti dell'art. 262 del codice penale.
Un quadro coerente di univoci elementi, anche di semplice pericolo o di natura meramente indiziaria, idoneo ad indicare una situazione di condizionamento di tipo mafioso dell’amministrazione dell’Ente locale, rende plausibile l'assoggettamento dell'ente e dei suoi amministratori alle ingerenze di associazioni di stampo mafioso, per il coinvolgimento degli organi di vertice politico-amministrativo, o anche più semplicemente per l’inadeguatezza dello stesso vertice politico-amministrativo a svolgere i propri compiti di pianificazione, di direttiva, di impulso, di vigilanza e di verifica, nei confronti della burocrazia e dei gestori di pubblici servizi del Comune, che impongono l'esigenza di intervenire ed apprestare tutte le misure e le risorse necessarie per una effettiva e sostanziale cura e difesa dell'interesse pubblico dalla compromissione derivante da ingerenze estranee riconducibili all'influenza ed all'ascendente esercitati da gruppi di criminalità organizzata.