TAR Sicilia – Catania, sez.I – Sentenza del 18 maggio 2021, n.1617

Territorio e autonomie locali
7 Giugno 2021
Categoria 
03 Organi

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Principi enucleati dalla pronuncia 

E’ legittima la delibera con la quale il consiglio comunale ha approvato la mozione di sfiducia nei confronti del sindaco ai sensi dell’art. 52 del D. Lgs n. 267/2000 che sia stata adottata sulla base della lamentata frammentazione del quadro politico e comunque a circostanze, specificamente indicate nella mozione tese a sottolineare la dissoluzione del vincolo fiduciario tra consiglieri di maggioranza e Sindaco.
 

Estratto/Sintesi: 

Il TAR Sicilia Sez. Catania è stato chiamato a verificare la legittimità di una delibera impugnata per carenza di adeguata motivazione, in quanto complessivamente fondata su fatti e circostanze ritenute inesistenti e su presunte inadempienze, che, ove reali, non sarebbero comunque imputabili al Sindaco.
Il giudice amministrativo ha ritenuto il ricorso infondato in adesione alla lettura che, delle pertinenti disposizioni dell'ordinamento regionale degli enti locali, ha offerto in precedenti giudizi il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana (n. 886 del 2007).
La mozione di sfiducia al Sindaco, adottata dal Consiglio comunale, rientra fra i provvedimenti "caratterizzati da un'elevatissima discrezionalità" (testualmente, cfr. T.a.r. per la Sicilia, Catania, n. 1170 del 2011, cit.), la cui motivazione può essere anche incentrata su una diversità di orientamenti politici fra sindaco e maggioranza consiliare, per cui non deve essere motivata con riferimento a precise inadempienze del primo rispetto al programma in base al quale è stato eletto o a inadempienze di tipo giuridico-amministrativo; la mozione è infatti sindacabile solo in caso di manifesta illogicità o evidente travisamento dei fatti, nella fattispecie non esistenti (cfr. C.G.A.R.S., 28 settembre 2007, n. 886, cit.).
Come evidenziato da una parte della giurisprudenza l'espressa previsione dell'obbligo di motivazione non può rappresentare una mera clausola di stile riproduttiva del generale disposto di cui all'art. 3 della L. n. 241 del 1990, e impone un'adeguata esplicitazione delle ragioni a sostegno della mozione (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, n. 1648 del 2018), ma tuttavia è altrettanto vero che tale obbligo motivazionale deve essere correlato alla ratio della normativa in questione, che è quella di garantire non tanto "la stabilità degli enti locali" e "la governabilità dell'ente locale", ma piuttosto di "assicurare la necessaria collaborazione" tra il Sindaco e il Consiglio comunale (cfr. Corte cost. n. 305/2000) e consentire la "rimozione" del Sindaco liberamente eletto dal popolo da parte di una maggioranza qualificata di consiglieri comunali, parimenti eletti, ove ricorrano adeguate ragioni giustificative.
Nel caso in esame la mozione di sfiducia poggia su motivazioni di carattere "politico" che sono - per la loro stessa natura - insindacabili da questo Tribunale se non in termini di logicità e congruenza (cfr. CGARS n. 886 del 2007), e che sono state tratteggiate con riferimento alla "frammentazione del quadro politico rispecchiata dal frequente passaggio dei consiglieri comunali dalla maggioranza all'opposizione e viceversa" e comunque a circostanze, specificamente indicate nella mozione, tese a sottolineare " la dissoluzione del vincolo fiduciario che ha legato i consiglieri al Sindaco al momento dell'elezione".
A tali motivazioni - giudicate astrattamente (e, concretamente, nei limiti del perimetro cognitorio di questo giudice) idonee a radicare la scelta di porre ai voti la mozione di sfiducia - ne sono aggiunte, a rafforzare tale scelta, ulteriori quali gli asseriti ritardi nell'adozione di atti fondamentali dell'ente che il Sindaco non avrebbe adottato tempestivamente ai fini della approvazione dell'organo consiliare ovvero inadempimenti vari.
Ebbene, a prescindere dai contestati e descritti inadempimenti, va ritenuto che una motivazione così articolata, al di là del merito delle questioni, sia in linea, in punto di congruenza e logicità, con la previsione di legge che impone una motivazione della mozione di sfiducia, qui resa in termini di soluzione alla "crisi" politica e riferita all'interrotta collaborazione tra gli organi in questione.