Il Collegio è ben consapevole che gli accertamenti e valutazioni compiute dall'autorità giurisdizionale penale rispondono alla logica della certezza processuale ("al di là di ogni ragionevole dubbio"), laddove ai fini dell'adozione dei provvedimenti interdittivi antimafia è sufficiente un accertamento di tipo civilistico fondato sul "più probabile che non" in linea con la finalità cautelare-preventiva delle misure in discorso (ex multis Cons. Stato - sez.III, 28 dicembre 2018, n.7294; TAR Campania - sez.I, 11 ottobre 2019, n.4832). Tale esatta considerazione, che la Sezione pienamente condivide e conferma, non può tuttavia condurre l'autorità prefettizia, chiamata a valutare la sussistenza dei rischi di condizionamento mafioso sulle imprese, ad escludere ogni rilevanza valutativa ai provvedimenti giurisdizionali penali, soprattutto quando questi, come nella fattispecie, si riferiscono non a valutazioni ma a fatti e circostanze obiettivamente rilevate. Ciò non impedisce, è appena il caso di ribadire, che la permeabilità di un'impresa al condizionamento mafioso possa ritenersi sussistente anche a fronte di una sentenza penale di proscioglimento sulle imprese delle consorterie criminali qualora essa possa essere desunta da elementi anche indiziari diversi, ma occorre che di essi l'informazione interdittiva faccia espressa menzione in modo da corroborare il giudizio espresso dall'autorità prefettizia.