Consiglio di Stato, sez.III - Sentenza 30 gennaio 2019, n.758

Territorio e autonomie locali
30 Gennaio 2019
Categoria 
13 Attività contrattuali della P.A.13.05 Provvedimenti interdittivi antimafia
Principi enucleati dalla pronuncia 

L'informazione antimafia implica una valutazione discrezionale da parte dell'autorità prefettizia in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, capace di condizionare le scelte e gli indirizzi dell'impresa.
Questo Consiglio di Stato ha già chiarito che tale pericolo deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell'accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere "più probabile che non", appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa (v., per tutte, Cons.Stato-sez.III, 3 maggio -OMISSIS-, n.1743 e la giurisprudenza successiva di questa Sezione, tutta conforme, da aversi qui per richiamata).
Lo stesso legislatore – art.84, c.3, del d.lgs. n.159/2011 (qui in avanti, per brevità, anche codice antimafia) – riconosce quale elemento fondante l'informazione antimafia la sussistenza di «eventuali tentativi» di infiltrazione mafiosa «tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate».
Eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e tendenza di queste ad influenzare la gestione dell'impresa sono all'evidenza tutte nozioni che delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzate, appunto, a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente è attuale, o inveratosi, ma anche solo potenziale, purché desumibile da elementi non meramente immaginari o aleatori.
Il pericolo – anche quello di infiltrazione mafiosa – è per definizione la probabilità di un evento.
Il diritto amministrativo della prevenzione antimafia in questa materia non sanziona perciò fatti, penalmente rilevanti, né reprime condotte illecite, ma mira a scongiurare una minaccia per la sicurezza pubblica, l'infiltrazione mafiosa nell'attività imprenditoriale, e la probabilità che siffatto "evento" si realizzi.
Il pericolo dell'infiltrazione mafiosa, quale emerge dalla legislazione antimafia, non può tuttavia sostanziarsi in un sospetto della pubblica amministrazione o in una vaga intuizione del giudice, che consegnerebbero questo istituto, pietra angolare del sistema normativo antimafia, ad un diritto della paura, ma deve ancorarsi a condotte sintomatiche e fondarsi su una serie di elementi fattuali, taluni dei quali tipizzati dal legislatore (art.84, c.4, del d.lgs. n.159/2011: si pensi, per tutti, ai cc.dd. delitti spia), mentre altri, "a condotta libera", sono lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell'autorità amministrativa, che «può» – si badi: può – desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell'art.91, c.6, del d.lgs. n.159/2011, da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all'attività delle organizzazioni criminali «unitamente a concreti elementi da cui risulti che l'attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata».