Consiglio di Stato, Sez.III - Sentenza del 20 luglio 2016, n.3299

Territorio e autonomie locali
20 Luglio 2016
Categoria 
13 Attività contrattuali della P.A.13.05 Provvedimenti interdittivi antimafia
Principi enucleati dalla pronuncia 

Al di là delle previsioni dei ‘protocolli di legalità’ e degli obblighi da essi previsti, il condizionamento mafioso, ai sensi dell'art.91, comma 6, del d.lgs. n. 159 del 2011, si può desumere anche dalla presenza di un solo dipendente ‘infiltrato’, del quale la mafia si serva per controllare o guidare dall'esterno l'impresa, e da ciò che può risultare da atti investigativi (intercettazioni), frequentazioni, ed altri elementi sintomatici.
Il condizionamento si può altresì desumere anche dalla assunzione o dalla presenza di dipendenti aventi precedenti legati alla criminalità organizzata, pur quando non emergano specifici riscontri oggettivi sull'influenza delle scelte dell'impresa.
In presenza di tali situazioni, infatti, la Prefettura ben può trarre elementi per ritenere sussistente un fattore di inquinamento mafioso all'interno dell'impresa, in considerazione dell'atteggiamento dell'impresa, già sul piano della scelta dei suoi dipendenti.
Le imprese possono effettuare liberamente le assunzioni che meglio credano, qualora non abbiano o non intendano avere i rapporti economici con la pubblica amministrazione, disciplinati dal d.lgs. n.159 del 2011.
Ove però intendano avere tali rapporti, le imprese devono garantire la massima affidabilità, non solo nella selezione di amministratori e soci, ma anche dei dipendenti, e devono vigilare affinché nella loro organizzazione non vi siano dipendenti risultati contigui al mondo della criminalità organizzata.
Contrariamente a quanto ha rilevato il T.A.R., tuttavia, l'impresa che intenda intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione – fondati sulla affidabilità necessaria ex lege – deve essere vigile e responsabile nella selezione dei dipendenti di cui si avvale.
Sia in sede di assunzione che nel corso dei rapporti di lavoro, infatti, essa si deve organizzare in modo tale da avere una struttura su cui non possa interferire la criminalità organizzata, ben potendo l'impresa far valere anche la giusta causa del recesso da rapporti di lavoro già instaurati, rappresentando che la loro prosecuzione, con chi ne sia risultato contiguo, può indurre la Prefettura a disporre misure interdittive.
La Prefettura del tutto ragionevolmente rileva la sussistenza del rischio di infiltrazioni, quando l'impresa – per disattenzione o per ‘quieto vivere’ – non abbia disposto controlli o abbia esercitato filtri selettivi sulle assunzioni (in un contesto per di più ad alta densità criminale).