A giudizio del Collegio, trattandosi di provvedimento che condivide natura e finalità con le informative antimafia interdittive, differenziandosi da esse solo per la forma negativa anziché affermativa, il provvedimento di diniego di iscrizione nella “white list” deve rispondere agli stessi requisiti di legittimità stabiliti per le informative antimafia di cui agli articoli 84 e 91 del codice antimafia. Esso, come tutte le informative prefettizie in materia di lotta antimafia, può essere fondato su fatti e vicende aventi valore sintomatico ed indiziario, mirando alla prevenzione di infiltrazioni mafiose e criminali nel tessuto economico imprenditoriale; il provvedimento antimafia deve, quindi, fondarsi su di un quadro fattuale, che, pur non dovendo assurgere necessariamente a livello di prova anche indiretta, sia tale da far ritenere ragionevolmente, secondo ”id quod plerumque accidit”, ossia secondo il criterio di causalità del “più probabile che non”, l'esistenza di elementi, che, secondo il prudente apprezzamento del Prefetto, sconsigliano l'instaurazione di un rapporto con la Pubblica amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, sez.III, 11 settembre 2015, n.4251).