Legittimazione del consigliere comunale ad impugnare il Regolamento del consiglio per potenziali lesioni alle proprie prerogative.
Principi consolidati in materia dalla giurisprudenza affermano che “il singolo consigliere comunale è legittimato ad agire nei confronti dell'ente a cui appartiene unicamente nell'ipotesi in cui i vizi denunciati si sostanzino nella lesione del diritto all'ufficio, quindi con riguardo a profili che attengono all'esercizio della carica di consigliere comunale e che siano direttamente impeditivi o lesivi delle funzioni consiliari”.
La giurisprudenza ha altresì enucleato taluni casi esemplificativi in cui sussiste la legittimazione ad agire del consigliere comunale ossia “quelli in cui i vizi dedotti attengano: a) alle erronee modalità di convocazione dell'organo consiliare; b) alla violazione dell'ordine del giorno; c) alla inosservanza del deposito della documentazione necessaria per poter liberamente e consapevolmente deliberare; d) più in generale, alla preclusione in tutto o in parte dell'esercizio delle funzioni relative all'incarico rivestito”.
Si conferma quindi il carattere eccezionale della legittimazione del consigliere ad impugnare le delibere dell’organo cui appartiene, in quanto l’impugnativa di singoli consiglieri avverso deliberazioni del consiglio può ipotizzarsi soltanto quando vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto all’ufficio dei medesimi e, quindi, su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere.
Nel caso in esame il giudice amministrativo ha concluso che: “può affermarsi che i ricorrenti, agendo quali consiglieri di minoranza, non hanno denunciato vizi della deliberazione impugnata direttamente incidenti sul munus publicum da loro stessi esercitato; le deduzioni articolate nel ricorso non riguardano, infatti, effettive violazioni di attribuzioni e prerogative proprie dello status di consigliere comunale, ovvero vizi procedurali concretamente lesivi dello jus ad officium, ma vizi dell’atto approvato, sostanzialmente riconducibili alla violazione di legge e all’eccesso di potere, solo potenzialmente ed eventualmente lesivi dell’esercizio delle loro funzioni e prerogative consiliari, i quali avrebbero dovuto essere più propriamente discussi in seno al dibattito politico e non in sede giurisdizionale”.