Deve osservarsi che la materia de qua (della prevenzione antimafia) è ispirata al principio della massima anticipazione della tutela: l'ordinamento, cioè, appresta la misura interdittiva al fine di evitare l'ingresso nel circuito economico-pubblicistico di soggetti (anche solo) esposti al rischio di condizionamento criminale.
La suddetta finalità anticipatoria sarebbe invece frustrata qualora l'eventus damni, che l'ordinamento si prefigge appunto di prevenire, si fosse già consumato, come si verificherebbe se, ai fini dell'adozione della misura interdittiva, occorresse “attendere” che l'impresa permeabile dall'influsso criminale si sia già resa oggetto e destinataria del condizionamento mafioso, manifestando concreti segni di soggezione agli indirizzi della criminalità organizzata.
La giurisprudenza, in linea con la suindicata lettura delle disposizioni di legge in tema di misure interdittive, ha appunto evidenziato che la sua legittima adozione presuppone la sussistenza del “pericolo” di condizionamento criminale, indipendentemente dall'avvenuto accertamento, in sede penale, di fatti indicativi di quel condizionamento: coerentemente con l'oggetto della verifica demandata all'Autorità prefettizia, quindi, non è necessaria l'acquisizione di “prove”, in senso giudiziario, della esposizione dell'impresa all'influenza criminale, essendo sufficiente la ricostruzione, su base indiziaria e secondo criteri di ragionevolezza e verosimiglianza, dei “tentativi di infiltrazione”, ovvero della seria possibilità che essa si presti a divenire il veicolo per far confluire, nella sfera delle attività finanziate dallo Stato e dalle altre Pubbliche Amministrazioni, i disegni e le risorse - concepiti e procacciate, rispettivamente, in modo illecito - della criminalità organizzata.
La descritta natura del compito, istruttorio e valutativo, assegnato dall'ordinamento all'Amministrazione titolare del potere interdittivo implica che la sussistenza dei “tentativi di infiltrazione” possa anche prescindere dalla volontà (di assoggettamento alla volontà dei gruppi criminali) e dalla stessa coscienza dei titolari dell'impresa (circa l'esposizione alla influenza degli stessi gruppi), qualora il pericolo di condizionamento sia riscontrabile, da un punto di vista oggettivo, in termini particolarmente pregnanti, quali devono risultare dalle risultanze istruttorie, criticamente valutate in sede decidente, del procedimento interdittivo.
È inoltre evidente che la natura indiziaria del giudizio di condizionamento criminale implica che l'analisi compiuta dall'Autorità prefettizia, in ordine alla sussistenza dei presupposti del provvedimento interdittivo, sia di carattere necessariamente sintetico, in quanto scaturente dall'assemblaggio e dalla interpretazione di singoli elementi (o, potrebbe dirsi in chiave processuale, principi) di prova, da soli eventualmente privi di significativo decisivo ai fini della dimostrazione del pericolo di condizionamento, ma che, nel loro insieme, concorrono alla delineazione di un quadro indiziante tale da corroborare, in chiave probabilistica, l'assunto della permeabilità dell'impresa da parte delle associazioni criminali: elementi che, singolarmente analizzati, possono anche apparire (e sovente appaiono, una volta sottoposti al vaglio giudiziario) ambigui, non concludenti o finanche non pertinenti, ma che recuperano il loro valore significativo una volta collegati alle altre componenti logico-deduttive del complessivo quadro giustificativo del provvedimento interdittivo (le quali comunque, anche in caso di conclamata parziale inutilizzabilità dei primi e quindi di amputazione motivazionale del provvedimento, possono conservare la loro attitudine giustificativa dello stesso, ove caratterizzati da un perdurante complessivo spessore significativo).
Consiglio di Stato, Sez.III - Sentenza del 12 agosto 2019, n.5678
Territorio e autonomie locali
Categoria
13 Attività contrattuali della P.A.›13.05 Provvedimenti interdittivi antimafia
Principi enucleati dalla pronuncia