Nel caso in esame, la valutazione discrezionale operata dall'amministrazione risulta correttamente basata su molteplici, convergenti e significativi indizi che possono legittimamente fondare la prognosi (ossia, il mero rischio, non l'inequivoco accertamento) che l'attività della società ricorrente possa essere influenzata dall'intervento della criminalità organizzata. La sussistenza del paventato rischio è adeguatamente comprovata dalle numerose circostanze enumerate nel provvedimento impugnato- segnatamente, quelle riassunte supra sotto le lettere a (i), b (iv), c (i), c (ii), e c (iii), nonché dalle indicazioni evincibili dall'avviso di conclusione indagini dell'operazione-OMISSIS-, emesso in data 1.06.2015.
Si tratta di vicende che testimoniano frequentazioni datate e recenti con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, nonché reiterati rapporti di cointeressenza nella partecipazione agli appalti e nella esecuzione dei relativi lavori che - per la ristrettezza dell'ambito territoriale nel quale si svolgono, ovvero per la risonanza anche mediatica di alcuni personaggi - non possono essere ritenuti frutto di inconsapevole ignoranza circa l'appartenenza o i collegamenti dei partners contrattuali con la criminalità organizzata.
Confermando sul tema un già diffuso e condivisibile orientamento giurisprudenziale, di recente, il Consiglio di Stato ha tracciato le linee direttrici alla stregua delle quali va valutata l'attività espletata in questo delicato settore dalle Prefetture, affermando che: “Compito dell'Autorità prefettizia è valutare il rischio che l'attività di impresa possa essere oggetto di infiltrazione mafiosa, in modo concreto ed attuale, sulla base dei seguenti elementi: provvedimenti sfavorevoli del giudice penale; sentenze di proscioglimento o di assoluzione; proposta o provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dal D.Lgs. n.159 del 2011; rapporti di parentela; contatti o rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia; vicende anomale nella formale struttura dell'impresa; vicende anomale nella concreta gestione dell'impresa; condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi benefici; inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità; rilevano innanzi tutto i provvedimenti del giudice penale che dispongano una misura cautelare o il giudizio o che rechino una condanna, anche non definitiva, di titolari, soci, amministratori, di fatto e di diritto, direttori generali dell'impresa, per uno dei delitti-spia previsti dall'art.84 comma 4 lett.a), cit. D.Lgs. n.159 del 2011.” (Cons. Stato, III, n.1743 del 3 maggio 2016).
TAR Sicilia - Catania, Sez.IV - Sentenza del 2 novembre 2016 n.2799
Territorio e autonomie locali
Categoria
13 Attività contrattuali della P.A.›13.05 Provvedimenti interdittivi antimafia
Principi enucleati dalla pronuncia