TAR Lombardia - Milano, Sez.I - Sentenza del 4 gennaio 2018, n.20

Territorio e autonomie locali
4 Gennaio 2018
Categoria 
13 Attività contrattuali della P.A.13.05 Provvedimenti interdittivi antimafia
Principi enucleati dalla pronuncia 

Per costante giurisprudenza, la valutazione del pericolo di infiltrazione mafiosa costituisce espressione di ampia discrezionalità che, può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti (Cons. Stato, n.7260 del 2010). Essa può, inoltre, fondarsi, oltre che su fatti recenti, anche su fatti più risalenti nel tempo, quando dal complesso delle vicende esaminate, e sulla base degli indizi (anche più risalenti) raccolti, possa ritenersi sussistente un condizionamento attuale dell'attività dell'impresa (cfr., Cons. St., sez.III, 24 ottobre 2016, n.4454; 23 gennaio 2015, n.305).
È, inoltre, estranea al sistema delle informative antimafia, non trattandosi di provvedimenti nemmeno latamente sanzionatori, qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (né – tanto meno – occorre l'accertamento di responsabilità penali, quali il ‘concorso esterno’ o la commissione di reati aggravati ai sensi dell'art.7 della legge n.203 del 1991), poiché simile logica vanificherebbe la finalità anticipatoria dell'informativa, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante.
Il rischio di inquinamento mafioso deve essere valutato in base al criterio del più ‘probabile che non’, alla luce di una regola di giudizio, cioè, che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali, qual è, anzitutto, anche quello mafioso (Cons. St., sez.III, sent. n.1743/2016; 7 ottobre 2015, n.4657; Cass. civ., sez.III, 18 luglio 2011, n.15709).
Quanto ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell'impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, l'amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del "più probabile che non", che l'impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto (Cons. St., sez.III, sent. n.1743/2016).