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Articolo 143 TUOEL - Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare.
La giurisprudenza ha più volte avuto modo di affermare che:
a) lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non ha natura di provvedimento di tipo “sanzionatorio” ma preventivo, per la cui legittimazione è sufficiente la presenza di elementi “indizianti”, che consentano d’individuare la sussistenza di un rapporto inquinante tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato “infiltrato”;
b) il quadro fattuale posto a sostegno del provvedimento di scioglimento ex art.143 cit. deve essere valutato non atomisticamente ma nella sua complessiva valenza dimostrativa, dovendosi tradurre in un prudente apprezzamento in grado di lumeggiare, con adeguato grado di certezza, le situazioni di condizionamento e di ingerenza nella gestione dell’ente che la norma intende prevenire;
c) stante l’ampia sfera di discrezionalità di cui l’Amministrazione dispone in sede di valutazione dei fenomeni connessi all’ordine pubblico, ed in particolare alla minaccia rappresentata dal radicamento sul territorio delle organizzazioni “mafiose”, il controllo sulla legittimità dei provvedimenti adottati si caratterizza come “estrinseco”, nei limiti del vizio di eccesso di potere quanto all’adeguatezza dell’istruttoria, alla ragionevolezza del momento valutativo, nonché alla congruità e proporzionalità rispetto al fine perseguito;
d) assumono rilievo, ai fini di che trattasi, situazioni non traducibili in episodici addebiti personali ma tali da rendere - nel loro insieme - plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata (tra cui, in misura non esaustiva: vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni) e ciò pur quando il valore indiziario degli elementi raccolti non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale o per l’adozione di misure individuali di prevenzione.
L’art.143 del d.lgs. n.267/2000, al comma 1 (nel testo novellato dall'art.2, comma 30, della legge 94/2009), richiede che la situazione di condizionamento dell’ente locale da parte della criminalità sia resa evidente da elementi “concreti, univoci e rilevanti”, che assumano valenza tale da determinare “un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali”. Gli elementi sintomatici del condizionamento criminale devono, quindi, caratterizzarsi per “concretezza”, in quanto assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica; per “univocità”, intesa quale loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire; per “rilevanza”, che si caratterizza per l’idoneità all’effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale.
Sulla legittimità dello scioglimento non può incidere la circostanza che il condizionamento mafioso sia esercitato da dipendenti all’insaputa degli amministratori o da alcuni degli amministratori ad insaputa degli altri: non trattandosi, infatti, di una misura sanzionatoria, essa non è finalizzata a punire condotte illecite caratterizzate da coscienza e volontà.
Ai fini della adozione della misura in argomento l’Amministrazione, nell’esercizio della discrezionalità che connota i provvedimenti in parola, può legittimamente prescindere dallo stato soggettivo di colpevolezza degli amministratori: ciò che conta, in definitiva, è la constatazione che l’attività dell’ente risulti asservita, anche solo in parte, agli interessi delle consorterie mafiose, giacché tale constatazione denuncia che l’organo politico non è in grado, per complicità, connivenza, timore o mera incompetenza, di prevenire o di contrastare efficacemente il condizionamento mafioso. Ciò si evince dall’ art.143, comma 2, TUOEL, il quale afferma che “Al fine di verificare la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti ed ai dipendenti dell'ente locale, il prefetto competente per territorio dispone ogni opportuno accertamento, di norma promuovendo l'accesso presso l'ente interessato”: tale proposizione sottende che il condizionamento degli amministratori, indicati al comma 1, ad opera della criminalità organizzata di stampo mafioso, ovvero un collegamento diretto o indiretto di essi alle relative consorterie, può legittimamente essere presunto ove tali collegamenti o condizionamenti siano acclarati - mediante l’accertamento di elementi concreti, univoci e rilevanti - in capo ai dipendenti o ai dirigenti dell’ente locale. Tale previsione conferma che, una volta constatato l’asservimento dell’ente agli interessi della criminalità organizzata, gli amministratori non possono invocare la loro ignoranza relativamente al collegamento alla criminalità organizzata di dipendenti o dirigenti; sicché, ad evitare la decisione di sciogliere l’ente – pur sempre possibile ai sensi dell’art.143, comma 5, TUOEL – gli amministratori hanno l’onere di dimostrare di aver agito non solo per riportare ordine nella amministrazione dell’ente, ma più specificamente per individuare e contrastare le forme e le fonti del condizionamento mafioso, e del conseguente pregiudizio per l’ente. Infatti la giurisprudenza ha più volte affermato - a tale proposito - che lo scioglimento ex art.143 cit., in virtù della natura “non sanzionatoria” che lo contraddistingue, è legittimo sia qualora sia riscontrato il coinvolgimento diretto degli organi di vertice politico-amministrativo sia anche, più semplicemente, per l’inadeguatezza dello stesso vertice politico-amministrativo a svolgere i propri compiti di vigilanza e di verifica nei confronti della burocrazia e dei gestori di pubblici servizi del Comune, che impongono l’esigenza di intervenire ed apprestare tutte le misure e le risorse necessarie per una effettiva e sostanziale cura e difesa dell’interesse pubblico dalla compromissione derivante da ingerenze estranee riconducibili all’influenza ed all’ascendente esercitati da gruppi di criminalità organizzata.
La finalità perseguita dal legislatore è rimasta quella di offrire uno strumento di tutela avanzata, in particolari situazioni ambientali, nei confronti del controllo e dell’ingerenza delle organizzazioni criminali sull’azione amministrativa degli enti locali, in presenza anche di situazioni estranee all’area propria dell’intervento penalistico o preventivo nell’evidente necessità di evitare, con immediatezza, che l’amministrazione locale rimanga permeabile all’influenza della criminalità organizzata per l’intera durata del suo mandato elettorale.
22.2. Quanto alla presunta illegittimità insita nel non aver, il decreto presidenziale impugnato, indicato le misure necessarie per porre rimedio alla situazione, il Collegio rileva che l’indicazione di tali misure deve ritenersi necessaria solo quando, ai sensi dell’art.143, comma 5, non viene disposto lo scioglimento dell’ente pur in presenza di elementi indicativi del condizionamento mafioso sull’ente: in tal caso l’indicazione dei provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l'interesse pubblico è indispensabile per indirizzare l’azione degli amministratori, anche perché si sceglie di continuare a dare loro fiducia e quindi debbono dimostrare di essere concretamente disponibili a compiere certi passi di contrasto alla criminalità organizzata. Una tale esigenza, evidentemente, non sussiste nel caso in cui viene disposto lo scioglimento, che comporta l’insediamento di una commissione statale che si sostituisce nella gestione dell’ente.