Nel caso di specie si tratta, a ben vedere, di un quadro complesso, costituito dalla presenza di plurimi elementi sintomatico presuntivi di infiltrazione mafiosa, in cui i legami di parentela non assumono valore determinate in re ipsa, bensì in relazione a tutte le altre circostanze ricostruite dalla Prefettura nel corso dell’istruttoria.
In altri termini, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, non si è attribuita rilevanza al doppio legame parentale in sé e per sé considerato; i vincoli di parentela invero, hanno assunto uno specifico valore indiziario in relazione a tutti gli altri elementi e al contesto geografico e socio economico in cui tali legami si sono radicati.
Del resto, anche nella sentenza n. 1743 del 3 maggio 2016, più volte citata dall’appellante a sostegno delle proprie deduzioni, la Sezione ha chiarito che “6.4.3. Una tale influenza [quella dei legami di parentela] può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ‘famiglia’, sicché in una ‘famiglia’ mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l’influenza del ‘capofamiglia’ e dell’associazione”.
Consiglio di Stato, Sez. III, 16 maggio 2017, n.2314
Territorio e autonomie locali
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13 Attività contrattuali della P.A.›13.05 Provvedimenti interdittivi antimafia
Principi enucleati dalla pronuncia