Tra i due giudizi, quello amministrativo e quello penale, non esiste un puntuale rapporto di dipendenza, tale da giustificare la sospensione del processo amministrativo ai sensi dell’art. 295 c.p.p.. Né un’esigenza di rinvio può essere correlata ad un criterio di opportunità, in considerazione della funzione preventiva e non sanzionatoria del provvedimento amministrativo di scioglimento del consiglio comunale, per l’adozione del quale non occorre un quadro probatorio sovrapponibile a quello richiesto per l’esercizio dell’azione penale e la cui legittimità va correlata alla situazione esistente al momento dell’adozione dell’atto.
Lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose costituisce una misura straordinaria di prevenzione che l'ordinamento ha apprestato per rimediare a situazioni patologiche di compromissione del naturale funzionamento dell'autogoverno locale, che si basa sull'accertata diffusione sul territorio della criminalità organizzata; non ha quindi natura di provvedimento sanzionatorio, non avendo finalità repressive nei confronti di singoli, ma ha la scopo fondamentale di salvaguardare la funzionalità dell'amministrazione pubblica; il d.P.R. con il quale è disposto lo scioglimento, e la relazione ministeriale di accompagnamento, costituiscono, quindi, atti di alta amministrazione, perché determinano la prevalenza delle azioni di contrasto alle mafie rispetto alla conservazione degli esiti delle consultazioni elettorali.
Sono pertanto giustificati margini ampi nella potestà di apprezzamento dell’amministrazione nel valutare gli elementi su collegamenti diretti o indiretti, non traducibili in singoli addebiti personali, ma tali da rendere plausibile il condizionamento degli amministratori, pur quando il valore indiziario dei dati non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale o l'adozione di misure di sicurezza nei confronti degli indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso o analoghe, essendo asse portante della valutazione di scioglimento, da un lato, la accertata o notoria diffusione sul territorio della criminalità organizzata e, dall’altro, le precarie condizioni di funzionalità dell’ente in conseguenza del condizionamento criminale.
Le vicende, che costituiscono il presupposto del provvedimento di scioglimento di un Consiglio comunale, devono essere considerate nel loro insieme, e non atomisticamente, e risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento mafioso; assumono quindi rilievo situazioni non traducibili in episodici addebiti personali ma tali da rendere, nel loro insieme, plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata (vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni), e ciò anche quando il valore indiziario degli elementi raccolti non è sufficiente per l'avvio dell'azione penale o per l'adozione di misure individuali di prevenzione.
Risultano idonee a costituire presupposto per lo scioglimento dell’organo comunale anche situazioni che, di per sé, non rivelino direttamente, né lascino presumere, l'intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata.
Il giudice amministrativo esercita in materia un sindacato estrinseco, secondo le regole proprie del giudizio di legittimità, senza possibilità di apprezzamenti che ne riguardino il merito.
Di indiscutibile rilevanza probatoria di una situazione di collegamento, e pertanto altamente sintomatica del condizionamento, devono considerarsi tutte le intercettazioni, ambientali o telefoniche, dalle quali emerge l’esistenza di un contatto diretto e non episodico tra alcuni membri dell’associazione, il Sindaco stesso e alcuni consiglieri.
TAR Lazio n. 3419 del 21 marzo 2016
Territorio e autonomie locali
Categoria
15 Controllo sugli Organi›15.02 Scioglimento dei Consigli Comunali e Provinciali per infiltrazione della criminalità organizzata
Principi enucleati dalla pronuncia