Consiglio di Stato, Sez. III, 3 maggio 2016, n.1743

Territorio e autonomie locali
3 Maggio 2016
Categoria 
13 Attività contrattuali della P.A.13.05 Provvedimenti interdittivi antimafia
Principi enucleati dalla pronuncia 

- L’istanza di aggiornamento, per quanto fondata su specifici e documentati elementi di novità rappresentati alla Prefettura, non delimita l’ambito di valutazione discrezionale che a questa spetta, nel rinnovato esercizio del suo potere ai fini dell’aggiornamento, né la vincola al solo spazio di indagine costituito dagli elementi sopravvenuti indicati dall’impresa, entro, per così dire, «binari precisi o rime obbligate» (Cons. St., sez. III, 13 maggio 2015, n. 2410).
È ben costante la giurisprudenza di questo Consiglio nel ribadire che, in presenza di un’articolata istanza di aggiornamento da parte del soggetto interessato, il Prefetto non possa legittimamente sottrarsi all’onere di riesaminare la vicenda alla luce dei nuovi dati fornitigli e tenuto conto degli aggiornati elementi riguardanti il destinatario degli accertamenti acquisiti dalle forze di polizia (v., anche in riferimento all’analoga precedente previsione dell’art. 10, comma 8, del d.P.R. n. 252 del 1998, Cons. St., sez. VI, 20 maggio 2009, n. 3092).
- Per quanto riguarda la ratio dell’istituto della interdittiva antimafia, va premesso che si tratta di una misura volta – ad un tempo - alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica Amministrazione: nella sostanza, l’interdittiva antimafia comporta che il Prefetto escluda che un imprenditore – pur dotato di adeguati mezzi economici e di una adeguata organizzazione – meriti la fiducia delle Istituzioni (vale a dire che risulti «affidabile») e possa essere titolare di rapporti contrattuali con le pubbliche Amministrazioni o degli altri titoli abilitativi, individuati dalla legge.
-  Quanto alla motivazione della informativa, essa:
a) deve «scendere nel concreto», e cioè indicare gli elementi di fatto posti a base delle relative valutazioni;
b) deve indicare le ragioni in base alle quali gli elementi emersi nel corso del procedimento siano tali da indurre a concludere in ordine alla sussistenza dei relativi presupposti e, dunque, in ordine alla «perdita di fiducia», nel senso sopra chiarito dell’affidabilità, che le Istituzioni nutrono nei confronti dell’imprenditore.
 Qualora i fatti valutati risultino chiari ed evidenti o quanto meno altamente plausibili (ad es. perché risultanti da articolati provvedimenti dell’Autorità giudiziaria o da relazioni ben fatte nel corso del procedimento), il provvedimento prefettizio – che in tali casi assume quasi un carattere vincolato, nell’ottica del legislatore – si può anche limitare a rimarcare la loro sussistenza, provvedendo di conseguenza.
 Ove invece i fatti emersi nel corso del procedimento risultino in qualche modo marcatamente opinabili, e si debbano effettuare collegamenti e valutazioni, il provvedimento prefettizio deve motivatamente specificare quali elementi ritenga rilevanti e come essi si leghino tra loro.
In altri termini, se gli atti richiamati nel provvedimento prefettizio – emessi da organi giudiziari o amministrativi – già contengono specifiche valutazioni degli elementi emersi, il provvedimento prefettizio si può intendere sufficientemente motivato per relationem, anche se fa ad essi riferimento.
 Viceversa, se gli atti richiamati contengono una sommatoria di elementi eterogenei non ancora unitariamente considerati (ad es., perché si sono susseguite relazioni delle Forze dell’ordine indicanti meri dati di fatto), spetta al provvedimento prefettizio valutare tali elementi eterogenei.
 
- L’autorità prefettizia deve valutare  il rischio che l’attività di impresa possa essere oggetto di infiltrazione mafiosa, in modo concreto ed attuale, sulla base dei seguenti elementi:
a) i provvedimenti ‘sfavorevoli’ del giudice penale;
b) le sentenze di proscioglimento o di assoluzione;
c) la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dallo stesso d. lgs. n. 159 del 2011;
d) i rapporti di parentela;
e) i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia;
f) le vicende anomale nella formale struttura dell’impresa;
g) le vicende anomale nella concreta gestione dell’impresa;
h) la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi ‘benefici’;
i) l’inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità.