L’affermazione secondo cui l'ordinamento degli enti locali impone ai dirigenti di presiedere le commissioni di gara e di concorso assumendo la responsabilità delle relative procedure, deve essere intesa nel senso della sussistenza di un vero e proprio dovere per il dirigente di assumere la presidenza della commissione solo se ciò risulti dal regolamento o dallo statuto dell’ente e sia conforme al raggiungimento degli obiettivi di efficienza e buon andamento, ma non può trasformarsi in un obbligo insormontabile dell’ente a preporre alla presidenza delle commissioni di concorso i propri dirigenti.
La valutazione delle prove scritte nei concorsi tramite impiego del punteggio numerico a fungere da motivazione va risolta, non in astratto, ma in concreto: è perciò insufficiente il punteggio numerico nel caso in cui tali criteri non siano rigidamente predeterminati; opposta è la conclusione nel caso in cui il punteggio sia accompagnato da un giudizio sulle prove, ancorché sintetico come è avvenuto nella specie. La commissione può essere integrata, in sede di prova orale, da un esperto in materie giuridiche: ai sensi dell’art. 9, del D.P.R. n. 487 del 1994 possono essere individuati membri aggregati per la lingua straniera e per le materie speciali. La lunga e quotidiana frequentazione per ragioni di ufficio (con uno dei candidati), tale da influenzare il giudizio dei commissari, non è presumibile da eventuali e accidentali contatti ingenerati da motivi professionali o di studio, data la natura causale e non preordinata di tali evenienze, dovute alla specialità delle conoscenze comuni ad entrambe. Del resto, i "gravi motivi" di cui all’art. 196 c.p.c., valutati alla stregua delle gravi ragioni di convenienza nelle quali è ravvisato l’obbligo di astensione, consistono nella presunzione certa di rapporti e di lunga e quotidiana frequentazione anche per ragioni di ufficio, oltre che di amicizia o di frequentazione privata.
La sostituzione di un componente la commissione di concorso successivamente dichiaratosi indisponibile non si configura come un contrarius actus riservato alla competenza dell’organo che vi ha originariamente provveduto, ma come un provvedimento di ordinaria amministrazione, necessario a garantirne il corretto funzionamento e la continuità. Può pertanto essere emanato anche dall’organo burocratico dell’ente, nell’esercizio dei poteri o organizzazione degli uffici e dei servizi, propri dei dirigenti ai sensi dell’art. 107, D.Lgs. n. 267/2000.
CONSIGLIO DI STATO SEZ V sentenza 5 novembre 2009 n 6872
Territorio e autonomie locali
Categoria
07 Rapporti di Lavoro e di Impiego nelle Pubbliche Amministrazioni›07.01 Dirigenti
Principi enucleati dalla pronuncia