Consiglio di Stato, Sez.III - Sentenza del 25 gennaio 2016, n.253

Territorio e autonomie locali
25 Gennaio 2016
Categoria 
13 Attività contrattuali della P.A.13.05 Provvedimenti interdittivi antimafia
Principi enucleati dalla pronuncia 

Al fine di integrare una motivazione idonea a supportare una c.d. “interdittiva antimafia”, non è sufficiente affermare che uno o più parenti del soggetto richiedente la certificazione antimafia (d'ora innanzi: “soggetto richiedente”) risultano ‘vicini’ a soggetti mafiosi; o ‘vicini’ o ‘affiliati’ a ‘cosche mafiose’ e/o a ‘famiglie mafiose’.
Occorre - invero - motivare tale affermazione con elementi specifici volti ad evidenziare ed a chiarire:
- per quale (pur se presuntiva) ragione ed in che modo il ‘rapporto di parentela’ fra il ‘soggetto richiedente’ ed il soggetto, per così dire, ‘vicino’ (o ‘affiliato’) all’ambiente mafioso, implichi un coinvolgimento concreto ed attuale del primo in attività economiche del secondo (o viceversa), o una comunanza attuale di interessi economico-patrimoniali o di interessi al compimento di attività di fiancheggiamento o comunque illecite;
- in cosa consista, in concreto, il rapporto di ‘vicinanza’ tra il parente del ‘soggetto richiedente’ ed il ‘soggetto mafioso’; o il rapporto di ‘vicinanza’ o di ‘affiliazione’ fra il già menzionato ‘parente del soggetto richiedente’ e la ‘cosca’ o ‘famiglia mafiosa’;
- e quale sia il ‘criterio tecnico’ prescelto ed utilizzato per definire ‘mafioso’ un soggetto, o ‘mafiosa’ una famiglia, essendo evidente che per essere considerato tale non è sufficiente essere stato semplicemente ‘sottoposto’ - con l’accusa di cui all’art.416 bis del codice penale - ad un procedimento penale conclusosi con un proscioglimento o con una assoluzione con formula piena; o ad un ‘procedimento di prevenzione antimafia’ conclusosi con formula liberatoria, o avere subìto una ‘misura di prevenzione’ annullata per difetto dei presupposti applicativi). Né, a maggior ragione, far parte (o intrattenere rapporti di amicizia con un membro) di una famiglia che annoveri fra i suoi componenti uno o più soggetti che abbiano subìto i predetti procedimenti con gli esiti assolutori o liberatori sopra indicati.
Sicchè, non appare revocabile in dubbio che in assenza di qualsiasi indicazione, specificazione o chiarimento - in funzione motiva - in ordine agli elementi e criteri di valutazione dei quali si è fatto cenno, l’attività di ‘controllo preventivo’ culminante nel rilascio o nel diniego della certificazione antimafia, finisce per esporre l’Autorità a condivisibili censure di eccesso di potere (per carenza istruttoria e difetto di motivazione).
D'altro lato i principii generali che reggono il nostro Ordinamento costituzionale postulano che anche nella formazione della c.d. ‘prova indiziaria’ (e finanche nella ‘costruzione logica’ di ‘accertamenti induttivi’), come pure nella formulazione di giudizi prognostici a carattere probabilistico (quali sono quelli che caratterizzano i procedimenti volti ad applicare ‘misure di prevenzione’), non deve mai mancare la ricerca e la evidenziazione degli ‘elementi oggettivi’ delle condotte dei soggetti sui quali si concentrano gli accertamenti, o dei soggetti comunque coinvolti, in quanto parti attive, nel giudizio prognostico.
In altri termini, anche nel caso in cui gli accertamenti degli Organi di Polizia o dell'Autorità Giudiziaria siano volti a verificare non già la commissione di reati, ma - in funzione puramente preventiva - la ‘pericolosità’ di un soggetto o la ‘probabilità’ che un'azione umana produca un evento (dannoso o pericoloso), la ‘motivazione’ del provvedimento conclusivo (con cui viene deciso se applicare o meno la ‘misura preventiva’) non deve mai prescindere dall'evidenziare gli elementi obiettivi delle condotte sui quali si è fondato il giudizio.