Consiglio di Stato - Sez.III, Sentenza del 17 giugno 2019, n.4026

Territorio e autonomie locali
17 Giugno 2019
Categoria 
15 Controllo sugli Organi15.02 Scioglimento dei Consigli Comunali e Provinciali per infiltrazione della criminalità organizzata

Risorse collegate

Principi enucleati dalla pronuncia 

Articolo 143 TUOEL - Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare.
    

Estratto/Sintesi: 

Lo scioglimento degli organi comunali per infiltrazioni mafiose è strumento di tutela della collettività, a carattere preventivo e non sanzionatorio, nei casi in cui gli elementi raccolti sulla infiltrazione e contaminazione mafiosa nella conduzione della cosa pubblica determinano una emergenza straordinaria che richiede – come la Corte Costituzionale la definì con sentenza n.103 del 1993 – una misura di carattere straordinario. Ogni voto, ogni amministratore eletto con l’influenza della mafia, deve, allora, comportare una risposta dello Stato tanto straordinaria quanto lo è la sottrazione del potere di governo a chi formalmente lo ha conquistato con le elezioni ma che, nella sostanza, piega il risultato elettorale in danno, diretto o indiretto, della collettività degli onesti a vantaggio delle cosche dominanti. È questa la ragione per cui il procedimento di scioglimento è scandito dal passaggio attraverso la valutazione e decisione delle più alte cariche del Governo della Repubblica, sulla base di una – sempre approfondita e articolata – relazione ispettiva ordinata dal Ministro dell’Interno.
La deliberazione del Consiglio dei Ministri esprime, a un tempo, la forte natura di responsabilità collegiale esercitata, e la conseguente ampiezza della valutazione discrezionale sugli elementi ritenuti idonei ai fini della misura.
L’adozione dello scioglimento con DPR, pur non concorrendo il Presidente della Repubblica alle valutazioni sulla vicenda, conferisce al provvedimento la speciale solennità derivante dal carattere di misura straordinaria a tutela della collettività dei cittadini residenti nel Comune interessato. Come la Corte Costituzionale ha osservato nella sentenza n.103 del 1993, infatti, la misura è “caratterizzata da rilevanti aspetti di prevenzione sociale per la sua ricaduta sulle comunità locali che la legge intende sottrarre, nel suo complesso, alla influenza della criminalità organizzata”.
Tenuto conto della ampiezza della discrezionalità in materia, la valutazione deve essere non atomistica ma complessiva, in ordine non soltanto a singoli episodi, ma soprattutto ai collegamenti tra fatti, persone e andamenti nel tempo della amministrazione locale; le mafie, com’è ben noto, costituiscono una minaccia asimmetrica e fortemente adattabile a tempi, luoghi, relazioni fra persone e operatori economici: la scomposizione atomistica della valutazione condurrebbe quindi, a non cogliere il “valore aggiunto negativo” della contaminazione mafiosa, che non è statica ma dinamica e non è mai rigida ma variamente adattabile; si richiede in altri termini che la valutazione costituisca “bilanciata sintesi e non mera somma dei singoli elementi stessi”.
Non occorre l’esistenza di fatti penalmente rilevanti e tanto meno di preesistenti condanne, poiché comunque il condizionamento della formazione della volontà degli organi locali, in modo univoco e rilevante, ben può essere colto, nella sua probabilità e verosimiglianza, da elementi indiziari o persino dal compimento di atti che sembrano indicare una volontà di contrasto alla mafia ma in realtà sono l’abile dissimulazione della volontà di approfittare, di concordare, o persino di subire con inerzia, laddove la presenza delle cosche sul territorio è oggettivamente accertata.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato è ferma nel dare rilevanza sia al “collegamento” che al “condizionamento” della politica e amministrazione locale, tanto che si evidenziano sia comportamenti rilevatori di “contiguità compiacente” (attraverso, ad esempio, corruzione e favoritismi clientelari) sia della “contiguità soggiacente” (attraverso, ad esempio, la mancata reazione alle intimidazioni mafiose o l’inerzia nell’adottare atti su cui la cosca locale aveva inviato segnali minacciosi). Il condizionamento, poi, si può riscontrare come fattore genetico (ad esempio, quando emergono attività mafiose a sostegno della elezione di candidati “graditi”) e, non alternativamente, come fattore funzionale, quando le cosche incidono o sono avvantaggiate nell’andamento della gestione amministrativa.
L’esito del giudizio civile sulla incandidabilità non può avere influenza determinante sul giudizio amministrativo per lo scioglimento del Comune. Sono diversi l’oggetto e i temi esaminati nei due giudizi: basti considerare che anche la dichiarata candidabilità per insussistenza delle responsabilità personali dei candidati certo non fa venir meno ex post la gravità del quadro indiziario complessivo che si fonda, di regola, su una ben più ampia e differenziata pluralità di elementi.