Sussiste la causa di incompatibilità prevista dall’art. 63, comma 1, n. 6) in capo ad un consigliere – assessore comunale destinatario di una ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria ex art. 31 comma 4 bis del D.P.R. n. 380 del 2001.
Viene richiesto l’orientamento di questo Ministero riguardo alla contestabilità di una causa di incompatibilità ex articolo 63, comma 1, n. 6), del D.lgs. n. 267/2000, in capo ad un consigliere assessore comunale destinatario di una ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria ex articolo 31 comma 4 bis del D.P.R. n. 380 del 2001. Al riguardo, con nota prot. n. 1095 del 12.04.2022, si è osservato quanto segue. La predetta causa di incompatibilità è inquadrabile nella categoria delle cosiddette “incompatibilità di interessi”; la ratio di tale previsione è quella di garantire il corretto adempimento del mandato ed impedire che concorrano, all’esercizio della relativa funzione, soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli del comune o che si trovino in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità. L’amministratore, come specificato dalla giurisprudenza, non deve prestare il fianco al sospetto che la sua condotta possa essere orientata dall’intento di tutelare i propri interessi personali contrapposti a quelli dell’ente (cfr. Corte Cost., sent. 24 giugno 2003, n. 220). Tuttavia, il diritto di elettorato passivo, quale diritto politico fondamentale, intangibile nel suo contenuto di valore ed annoverabile tra i diritti inviolabili riconosciuti e garantiti dall’articolo 2 della nostra Carta Costituzionale, può essere unicamente disciplinato dalla legge, che può limitarlo soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali parimenti fondamentali e generali; pertanto, essendo le disposizioni normative in materia di ineleggibilità e di incompatibilità di stretta interpretazione ed applicazione, le stesse non sono suscettibili di interpretazione analogica (Cass. Civ., sez. I, n. 28504 del 22 dicembre 2011). Il menzionato art. 63, comma 1 n. 6 contempla due distinte ipotesi, la prima prevede che non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale“colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora”, deve quindi trattarsi di un debito verso il comune con le seguenti caratteristiche (come indicato da questo Ministero con pareri del 24 febbraio 2015 e 30 luglio 2020): determinato nel suo ammontare, il debitore è esattamente individuato, è maturato il termine per il suo pagamento ovvero lo stesso non è sottoposto a termine né a condizione.La seconda parte della disposizione citata, contempla l’incompatibilità in caso di “colui che avendo … un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell'avviso di cui all'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602”.Il richiamo a tale ultima disposizione normativa, così come opinato dalla Suprema Corte di Cassazione, deve ritenersi come “necessariamente riferito alla cartella di pagamento, che, qualora notificata e non impugnata dal contribuente, svolge una funzione assimilabile all’avviso di mora in quanto idoneo a cristallizzare definitivamente l’esistenza del debito tributario consentendo l’espropriazione forzata, e quindi ad integrare la causa di incompatibilità prevista per colui che voglia ricoprire una delle cariche pubbliche indicate al primo comma del medesimo art. 63 n. 6” (così Cass. Civ. sez. I n. 10947/2015). In relazione al caso sottoposto all’attenzione di questo Ufficio, viene in rilievo la prima parte del comma della norma citata e si rappresenta che il responsabile del servizio tecnico comunale ha ordinato al consigliere comunale, responsabile dell’abuso edilizio e occupante l’immobile, di provvedere a sua cura e spese alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi entro XXX giorni dalla notifica. Successivamente, il medesimo ufficio tecnico, accertata la inottemperanza dell’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, nonché la mancata impugnazione della stessa, ha disposto, nei confronti del predetto consigliere comunale, la sanzione amministrativa pecuniaria (ai sensi dell’articolo 31 comma 4 bis del D.P.R. 380/2001) ingiungendo al consigliere interessato il pagamento di tale somma entro XXX giorni dalla notifica con l’avvertimento che non ottemperando al pagamento della sanzione entro il termine assegnato si procederà alla riscossione coattiva e alla immediata iscrizione a ruolo della predetta somma. A seguito della succitata notifica, il consigliere comunale interessato ha chiesto al responsabile del servizio tecnico comunale la rateizzazione della somma. La rateizzazione è stata concessa. Dall’esame degli atti prodotti, emerge che l’atto di accertamento della inottemperanza all’ordine di demolizione, e la conseguente applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, costituiscono atto di messa in mora nei confronti del consigliere comunale interessato. L’avvertimento in virtù del quale, in mancanza di pagamento della sanzione, si procederà alla riscossione coattiva senza l’emanazione di un ulteriore provvedimento, costituisce una diffida che contiene tutti gli elementi indispensabili quali oggetto, titolo e pretesa. Come precisato anche da questo Ministero (prot. 4241 dell’1.04.2020), nell’ipotesi in cui il comune, avvalendosi della facoltà di procedere alla riscossione coattiva … emetta una ingiunzione di pagamento, quest’ultima, al pari della cartella di pagamento, è idonea a far sorgere la causa di incompatibilità. Infatti, … l’ingiunzione .. contiene un accertamento definitivo del debito e l’intimazione al pagamento con l’espresso avvertimento che, in mancanza, si procederà al recupero coatto delle somme dovute. Si configura, dunque, nel caso in specie, un debito provvisto dei caratteri della certezza, della liquidità e della esigibilità, come indicato dall’articolo 63 comma 1 n. 6 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 ai fini della integrazione dell’ipotesi di incompatibilità. Del resto la rateizzazione del pagamento, si ritiene debba essere intesa come riconoscimento, da parte del consigliere assessore comunale, di un debito certo ed esigibile. Al riguardo, questo Ministero ha già avuto modo di chiarire che l’obbligo di pagare il debito è correlato al sorgere del diritto di credito in favore del Comune e la concessione di un piano di rateizzazione e di rientro non rileva sulla situazione debitoria esistente né tantomeno sul venir meno della incompatibilità contestata (parere del 30 luglio 2020). Sul punto, la giurisprudenza ha evidenziato che la dilazione non è idonea a far venir meno il requisito della esigibilità del debito come contemplato dall’art. 63 comma 1 n. 6 del Tuoel ai fini della configurabilità della causa di incompatibilità con la carica di consigliere comunale, attenendo la rateizzazione al mero profilo delle modalità di versamento del relativo importo, senza incidenza alcuna, per contro, sull’attualità della obbligatorietà del pagamento e, quindi, sulla correlata immediata azionabilità della pretesa creditoria vantata dal Comune (Corte di Cassazione 22 ottobre 2014 n. 1467). In caso di concessione della rateizzazione, è solo il pagamento dell’ultima rata del piano ad estinguere il debito e, dunque, a far cessare il conflitto d’interesse derivante dalla contestuale posizione di amministratore dell’ente e debitore dello stesso. Ad ogni buon conto, si rammenta, che in conformità al generale principio per cui ogni organo collegiale è competente a deliberare sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti, la verifica delle cause ostative all’assunzione del mandato elettivo è compiuta con la procedura prevista dall’art. 69 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (approvato con decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000) che garantisce il contraddittorio tra organo ed amministratore, assicurando a quest’ultimo l’esercizio del diritto di difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la preclusione contestata (cfr. Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza 10 luglio 2004, n. 12809; Id., sentenza 12 novembre 1999, n. 12529).