Incompatibilità
- Sussistenza di incompatibilità tra la carica di consigliere comunale in caso di lite pendente con l’amministrazione comunale che abbia avuto origine durante il proprio mandato.
E' stato chiesto se sussiste incompatibilità tra la carica di consigliere comunale in caso di lite pendente con l'amministrazione comunale che abbia avuto origine durante il proprio mandato.
Preliminarmente si osserva che le cause ostative all'espletamento del mandato elettivo, disciplinate dal decreto legislativo n. 267/2000, incidendo direttamente sull'esercizio del diritto di elettorato passivo, sono di stretta interpretazione e come tali non suscettibili di estensione analogica.
L'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 267/2000 individua le situazioni generali di incompatibilità fra la carica di consigliere comunale e coloro che si trovano nelle situazioni indicate nello stesso articolo. In particolare, come specificato all'art 63, n. 4 del TUEL, modificato dall'articolo 3 ter del decreto legge 22 febbraio 2002, numero 13, convertito dalla legge 24 aprile 2002, n 75, risulta incompatibile con la predetta funzione di consigliere colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo con il comune.
Al riguardo la Corte di Cassazione ha ritenuto che ad integrare gli estremi della causa di incompatibilità ex art 63, n. 4, del decreto legislativo 267/2000 'non basta la pura e semplice constatazione dell'esistenza di un procedimento civile o amministrativo nel quale risultino coinvolti, attivamente o passivamente, l'eletto o l'ente, ma occorre che a tale dato formale corrisponda una concreta contrapposizione di parti, ossia una reale situazione di conflitto: solo in tal caso sussiste la esigenza di evitare che il conflitto di interessi determinativo nella lite medesima possa orientare le scelte dell'eletto in pregiudizio dell'ente amministrato, o comunque possa ingenerare all'esterno sospetti al riguardo.' ( Cass. Civ., Sez. I, 28.07.2001, n. 10335).
Pertanto, la finalità della norma è quella di garantire che l'esercizio del mandato elettorale sia corretto e non impedito da pericolose interferenze di finalità individuali con esigenze di pubblico interesse.
L'incompatibilità prospettata dalla citata norma, va accertata con riferimento al concetto tecnico di 'parte', intesa nel senso processuale, e consegue al presupposto che sia stato iniziato un giudizio civile od amministrativo e che in esso il comune e l'eletto abbiano assunto la condizione di parti contrapposte.
La Suprema Corte ha precisato che il concetto di 'parte' del giudizio ha portata essenzialmente processuale e non è quindi riferibile alla diversa figura del 'soggetto interessato all'esito della lite per le ricadute patrimoniali che possono derivargliene'.
Con riferimento alla ratio dell'incompatibilità per lite pendente, giova osservare che il concetto è andato ulteriormente affinandosi, come dimostrato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, giunto a considerare non soltanto la mera pendenza della lite, ma anche la sua effettiva
sussistenza, escludendola in molte circostanze che ne implicano il suo venir meno, come nel caso della lite infondata o pretestuosa (Cassazione civile 30 aprile 1992, sezione prima, n. 4724, in Consiglio di Stato 1992, II,1491).