TAR Lazio, sentenza n. 10557 del 24 ottobre 2016

Territorio e autonomie locali
24 Ottobre 2016
Categoria 
15 Controllo sugli Organi15.02 Scioglimento dei Consigli Comunali e Provinciali per infiltrazione della criminalità organizzata
Principi enucleati dalla pronuncia 

Si richiamano  in linea generale gli indirizzi di interpretazione e applicazione della normativa in materia.
Lo scioglimento dell’organo elettivo si connota quale misura di carattere straordinario per fronteggiare un’emergenza straordinaria.
Nel relativo procedimento sono giustificati ampi margini nella potestà di apprezzamento dell’amministrazione nel valutare gli elementi su collegamenti diretti o indiretti, non traducibili in singoli addebiti personali, ma tali da rendere plausibile il condizionamento degli amministratori, pur quando il valore indiziario dei dati non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale, essendo asse portante della valutazione di scioglimento, da un lato, la accertata o notoria diffusione sul territorio della criminalità organizzata e, dall’altro, le precarie condizioni di funzionalità dell’ente in conseguenza del condizionamento criminale.
Pertanto, in tale ambito di apprezzamento, rispetto alla pur riscontrata commissione di atti illegittimi da parte dell’amministrazione, è necessario un quid pluris, consistente in una condotta, attiva od omissiva, condizionata dalla criminalità anche in quanto subita, riscontrata dall’amministrazione competente con discrezionalità ampia, ma non disancorata da situazioni di fatto suffragate da obbiettive risultanze che rendano attendibili le ipotesi di collusione, così da rendere pregiudizievole per i legittimi interessi della comunità locale il permanere alla sua guida degli organi elettivi.
Ciò, in quanto l’art. 143 TUEL precisa le caratteristiche di obiettività delle risultanze da identificare, richiedendo che esse siano concrete, e perciò fattuali, univoche, ovvero non di ambivalente interpretazione, rilevanti, in quanto significative di forme di condizionamento.
Lo scrutinio di legittimità rimesso alla presente sede è esercitabile nei limiti della presenza di elementi che denotino, con sufficiente concludenza, la eventuale deviazione del procedimento dal suo fine di legge.
Con l’avvertenza che l’operazione in cui consiste l’apprezzamento giudiziale delle acquisizioni in ordine a collusioni e condizionamenti non può però essere effettuata mediante l’estrapolazione di singoli fatti ed episodi, al fine di contestare l'esistenza di taluni di essi ovvero di sminuire il rilievo di altri in sede di verifica del giudizio conclusivo sull'operato consiliare.
Ciò, in quanto, in presenza di un fenomeno di criminalità organizzata diffuso nel territorio interessato dalla misura di cui si discute, gli elementi posti a conferma di collusioni, collegamenti e condizionamenti vanno considerati nel loro insieme, poiché solo dal loro esame complessivo può ricavarsi la ragionevolezza della ricostruzione di una situazione identificabile come presupposto per l’adozione della misura stessa (Consiglio di Stato, sez. IV, 6 aprile 2005, n. 1573; 4 febbraio 2003, n. 562; V, 22 marzo 1998, n. 319; 3 febbraio 2000, n. 585).
La ragionevolezza o meno della ricostruzione di una situazione identificabile come presupposto per l’adozione del rimedio previsto dalla disposizione non possa che derivare dalla considerazione unitaria ovvero dall’esame complessivo degli elementi presi in considerazione nel procedimento.
Detti elementi possono essere compiutamente desunti dalla proposta di scioglimento del Ministro dell’Interno, come integrata dalla relazione prefettizia.
Come rilevato dalla Sezione in analoghi contenziosi (Tar Lazio, Roma, sez. I, 1° febbraio 2012, n. 1119; 21 novembre 2013, n. 9941), nell’ambito della complessità dell’iter, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, che caratterizza l’andamento del procedimento ex art. 143 del d.lgs. 267/2000, la relazione ministeriale va identificata come il momento centrale di rappresentazione analitica delle anomalie riscontrate nelle fasi antecedenti alla sua adozione e, quindi, quale vero nucleo espressivo della determinazione tecnica sottostante allo scioglimento.
Priva di pregio è la censura svolta nel primo motivo di impugnazione in merito all’omessa considerazione, nella Relazione della Commissione d’Accesso e nella relazione prefettizia, delle iniziative assunte nell’ambito della disciolta amministrazione comunale per il ripristino della legalità, trattandosi di elementi fattuali che non valevano comunque a smentire la rilevanza e la significatività dei molti altri elementi indicativi dei condizionamenti subiti dalla disciolta amministrazione comunale e dall’apparato burocratico, specificamente indicati al fine di supportare le conclusioni in esse rassegnate.
Né possono valere, a scalfire le conclusioni cui il Collegio giunge, le deduzioni svolte dalla parte ricorrente con l’ultima memoria, che invocano un’ordinanza del Tribunale di Foggia (n. 2042 del 26.5.2016) che ha respinto l’azione della locale Prefettura tesa ad ottenere la dichiarazione di incandidabilità di alcuni amministratori cessati del Comune.
Si osserva a riguardo che i provvedimenti invocati, peraltro non ancora definitivi, non solo non hanno alcuna diretta efficacia sull’odierno giudizio, ma neppure indirettamente possono fornire elementi utili per la decisione rimessa al Collegio, diversi essendone i presupposti.
E, invero, la predetta ordinanza ha avuto riguardo ai contenuti della relazione prefettizia, concentrandosi essenzialmente su alcuni elementi al fine di stabilire se valevano o meno a dimostrare l'esistenza di collegamenti diretti o indiretti fra gli ex amministratori di cui era stata proposta l'incandidabilità e la criminalità organizzata di stampo mafioso.
Il decreto di scioglimento all’odierno esame, invece, si fonda su un’istruttoria che risulta principalmente dalla relazione della Commissione d'Accesso e, diversamente dalla ordinanza e dalla sentenza citate, non poggia esclusivamente su fatti e circostanze riguardanti i predetti amministratori ma su valutazioni afferenti alla situazione complessiva dell’Ente, di tal che, scarsa significatività, ai fini della verifica di legittimità degli atti in questa sede impugnati, assumono le affermazioni contenute nei provvedimenti predetti.
In merito alla tardiva proroga dei lavori della Commissione di Accesso, osserva il Collegio che, diversamente dagli assunti attorei, la contestata proroga dell’organo ispettivo, insediatosi il 15 settembre 2014, interveniva con provvedimento dell’11 dicembre 2014, e quindi prima della scadenza del termine trimestrale di cui all’art. 143, comma 2, del d.lgs. 267/2000, che in ogni caso decorre dalla data di accesso, non dalla data del decreto di nomina della Commissione.
Quanto poi alla dedotta violazione delle garanzie partecipative dei ricorrenti, la censura va respinta alla luce della consolidata giurisprudenza sul punto (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 5 novembre 2014, n. 12021 e 6 maggio 2013 n. 4440).