Consiglio di Stato, sezione terza n. 256 del 25 gennaio 2016

Territorio e autonomie locali
25 Gennaio 2016
Categoria 
15 Controllo sugli Organi15.02 Scioglimento dei Consigli Comunali e Provinciali per infiltrazione della criminalità organizzata
Principi enucleati dalla pronuncia 

Anche alla luce delle modifiche introdotte al testo originario dell’art. 143, non è venuta meno la ratio sottesa alla disposizione di offrire uno strumento di tutela avanzata in particolari situazioni ambientali nei confronti del controllo ed ingerenza delle organizzazioni criminali sull’azione amministrativa degli enti locali, in presenza anche di situazioni estranee all'area propria dell'intervento penalistico o preventivo. Ciò nell'evidente consapevolezza della scarsa percepibilità, in tempi brevi, delle varie concrete forme di connessione o di contiguità – e dunque di condizionamento - fra organizzazioni criminali e sfera pubblica, e della necessità di evitare con immediatezza che l'amministrazione dell'ente locale rimanga permeabile all'influenza della criminalità organizzata. Resta, quindi, ferma la connotazione dell’istituto nel vigente sistema normativo, quale «misura di carattere straordinario» per fronteggiare «una emergenza straordinaria».
La qualificazione della concretezza, univocità e rilevanza dei fatti accertati va riferita non atomisticamente e partitamente ad ogni singolo elemento, accadimento, circostanza cui l’istruttoria compiuta abbia ricondotto la sussistenza dei presupposti di cui dall’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000 e successive modificazioni, ma ad una valutazione complessiva del coacervo di elementi acquisiti, che nel loro complesso siano riferibili a fatti di cui è stato accertato l’accadimento storico (requisito di concretezza); che in base al prudente apprezzamento dell’Amministrazione esprimano, con adeguato grado di certezza, le situazioni di condizionamento e di ingerenza nella gestione dell’ente che la norma ha inteso prevenire (requisito dell’univocità) e siano pertanto “rilevanti” agli effetti predetti.
Stante l’ampia sfera di discrezionalità di cui l'Amministrazione dispone in sede di valutazione dei fenomeni connessi all’ordine pubblico ed in particolare alla minaccia rappresentata dal radicamento sul territorio delle organizzazioni mafiose, con ogni effetto sulla graduazione delle misure repressive e di prevenzione – il controllo sulla legittimità dei provvedimenti adottati si caratterizza come estrinseco, e cioè nei limiti del vizio di eccesso di potere quanto all’adeguatezza dell’istruttoria, della ragionevolezza del momento valutativo, della congruità e proporzionalità al fine perseguito.
La valutazione delle acquisizioni in ordine a collusioni e condizionamenti non può essere effettuata estrapolando singoli fatti ed episodi, al fine di contestare l’esistenza di taluni di essi ovvero di sminuire il rilievo di altri in sede di verifica del giudizio conclusivo sull’operato consiliare. In presenza di un fenomeno di criminalità organizzata notoriamente diffuso nel territorio in questione, gli elementi posti a conferma di collusioni, collegamenti e condizionamenti, vanno considerati nel loro insieme, giacché solo dal loro esame complessivo può ricavarsi la ragionevolezza della ricostruzione di una situazione identificabile come presupposto per la misura di cui si tratta
Quanto all’assetto organizzativo dell’ente locale - che assegna ai dirigenti compiti di amministrazione attiva, decisionali e di responsabilità, da esercitarsi in autonomia rispetto agli organi elettivi – deve osservarsi che esso non rende tali ultimi organi estranei al ripetersi di irregolarità ed illeciti di gestione. Restano, invero, fermi, ai sensi dell’art. 107 del d.lgs. n. 267 del 2000, i compiti di indirizzo e, segnatamente, di controllo “politico-amministrativo”, che se non va esercitato partitamente per ogni singola determinazione provvedimentale, deve investire trasversalmente l’operato dei funzionari con qualifiche dirigenziali.